Già nella loro primissima proiezione discografica, il mastodontico “Licensed To Ill” dell’86, i Beastie Boys avevano dimostrato di saper mettere insieme il loro background punk/hardcore con il rap, flirtando con suggestioni tra le più disparate. Michael Diamond, Adam Yauch e Adam Horovitz avrebbero fatto di quelle mistioni il loro cavallo di battaglia, contribuendo in maniera determinante alla diffusione del crossover e allo sdoganamento del rap tra i bianchi, con un percorso in continua evoluzione condensatosi in “Paul’s Boutique” prima (1989) e “Check Your Head” poi (1992). Proprio quest’ultimo album, al contrario dei due predecessori, si rivelò dal punto di vista commerciale − e solo da quello – un passo indietro e il motivo è facile da trovare: i Beastie Boys avevano ulteriormente allargato il proprio spettro compositivo, con il punk e i riffoni di chitarra che s’erano fatti insistenti: niente di troppo nuovo per loro, si potrebbe obiettare, ma il disco pagò le conseguenze dell’assenza di una vera hit.
Ed è questa l’essenziale differenza con Ill Communication che, pubblicato due anni dopo, arrivò sulla scia di due mine come Sabotage e Get It Together, i primi singoli estratti dall’album. Il primo, accompagnato dallo storico video del regista Spike Jonze in cui Mike D, MCA e Ad-Rock si divertono a prendere per il culo i telefilm polizieschi à la “Miami Vice”, si rivela fin da subito uno degli inni di quella metà anni ’90, col suo mischione di hardcore, funk e rap che segnò in modo indelebile la sfera crossover. Il secondo, invece, ha il featuring lussuoso di Q-Tip degli A Tribe Called Quest e rappresenta il definitivo e implacabile gancio con cui i Beastie Boys attirano a sé l’alternative rap per non lasciarlo mai più.
Ma nel disco, che consta come il precedente della bellezza di venti tracce, convivono spunti schizofrenici che vanno dal puro hardcore della brevissima Tough Guy e di Heart Attack Man al funk lisergico della strumentale Shambala, dal flauto in loop dell’iniziale Sure Shot al violino di Eugene’s Lament, dagli inserti latini di Flutterman’s Rule a quelli jazz di Ricky’s Theme e Sabrosa, senza dimenticare il rap old school di pezzoni come B-Boys Makin’ With The Freak Freak, Root Down e Do It, che ristabiliscono gli equilibri in mezzo a tantissime divagazioni. Insomma, una vera marea di intuizioni liquide e fluttuanti che, se sul momento premiarono i Beastie Boys (le classifiche gli sorrideranno ampiamente), in ottica futura segneranno una sorta di spartiacque per l’evoluzione di tutto ciò che da quel momento in poi sarebbe stato catalogato sotto le voci “crossover”, “alt rap”, “rap metal” e via discorrendo.
DATA D’USCITA: 31 Maggio 1994
ETICHETTA: Capitol / Grand Royal