In questa storia, vanno tenute a mente quattro parole: depressione ad alto funzionamento. Nonostante il DSM 5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) non abbia ancora tipizzato il disturbo, c’è un elemento fondamentale che lo contraddistingue dal disturbo depressivo persistente: la persona che ne soffre conduce una vita apparentemente molto soddisfacente, contornata da affetti e successi professionali. Capite bene che parlare di “successi professionali” nel caso di Bruce Springsteen sarebbe un pelino riduttivo. All’ubriacatura post “Born In The USA” era seguita la relazione con Julianne Phillips che sembrava poter dare finalmente un senso di completezza e stabilità all’artista; un matrimonio che rappresentava l’unione perfetta tra due figli dell’America reaganiana belli e di successo.
Nel mondo reale di Springsteen, la verità era molto diversa. Bastava poco per accorgersi che il suo umore generale non fosse corrispondente all’immagine pubblica. Durante i tre anni che separano “Born To Run” da Tunnel Of Love si era creata una voragine enorme, sia affettiva che professionale, ma se dal punto di vista personale nessuno sospettava che il suo matrimonio fosse già in crisi, il vuoto professionale iniziato con l’uscita di Steve Van Zandt e proseguito con l’allontanamento di quasi tutti i membri della E Street, deciso dallo stesso Springsteen, era sotto gli occhi e le orecchie di tutti.
“Tunnel Of Love”, contornato dal totale isolamento personale e creativo, decretò l’inizio di una nuova era: più pop, niente urla, via jeans e canotta, fuori la E Street Band. Registrato tra New York e il New Jersey, con l’unico supporto di Bob Clearmountain, Toby Scott, Jon Landau e Chuck Plotkin, “Tunnel Of Love” fu un tripudio di sintetizzatori. Basta andare oltre i due minuti scarsi di Ain’t Got You, con solo voce/chitarra/armonica, per svelare le trame di un album corposo ma non corale, narratore di un amore vissuto senza gioia e che rende l’inganno una costante cangiante dei rapporti.
Conclusa la opening track l’album diventa freddo, inondato di sintetizzatori e drum machine. A differenza di “Born In The USA”, in cui synth davano un’enfasi maestosa a tracce come”Glory Days”, in “Tunnel Of Love” servono più a colmare la presenza non costante dei musicisti di una vita, uno tra tutti Clemmons e il suo sax. Eccetto Van Zandt, infatti, i ragazzi ci sono quasi tutti ma a differenza delle sessioni precedenti si limitano a piccole parti, assegnate rigidamente in sede di scrittura. La musicalità è plastica (Tougher Than The Rest), la cadenza è country (Spare Parts), la struttura scarna (Caution Man), il cantato è sussurrato (All That Heaven Will Allow).
Ma il vero cuore pulsante dell’album è ben altro. È il racconto di un uomo sposato che canta di un amore che non desidera e da cui non è desiderato: il Re è tutt’altro che nudo, è troppo confuso o forse troppo lucido per fingere. Una title track, pop e mid tempo, traccia le coordinate di un matrimonio proiettato in un futuro denso di ansie che descrive i sorrisi degli sposi dentro specchi deformanti (”There’s a crazy mirror showing us both in 5-D, I’m laughing at you, you’re laughing at me, There’s a room of shadows that gets so dark, brethren It’s easy for two people to lose each other, In this tunnel of love”).
Infine, Brilliant Disguise, una delle canzoni più belle dell’immenso catalogo springsteeniano: la traccia sembra descrivere un amante indifeso e impaurito dall’incanto della sua donna troppo perfetta per essere reale (“Well I’ve tried so hard, baby, but I just can’t see, What a woman like you is doing with me”); la scruta, si sforza di leggere nella sua mente, la provoca chiedendole se è davvero così perfetta o se sta fingendo; poi, il colpo di scena, i ruoli si ribaltano: “So when you look at me, you better look hard and look twice, Is that me, baby, or just a brilliant disguise?”. Brilliant Disguise è forse la più autobiografica e allo stesso tempo sincera canzone di Springsteen; insinua il dubbio su chi, all’interno di un rapporto, sia la vittima e chi sia il carnefice, è disambiguazione emotiva. Cerca di spiegare in parole semplici il desiderio di Springsteen di avere una famiglia, di crescere dei figli smarcandosi da quello che era stato purtroppo il suo imprinting paterno; allo stesso tempo, chissà se più o meno consapevolmente, mette nero su bianco la sua crudeltà emotiva, la volontà di ferire chi lo amava e fargliela pagare, esattamente come faceva suo padre.
All’album seguirà il “Tunnel Of Love Express Tour”, un mastodontico carrozzone carnevalesco, con uno Springsteen ammiccante dentro giacche sgargianti e una sezione di fiati presente in tutte le date, che deluderà i fan in termini di resa live ma segnerà inequivocabilmente l’inizio della relazione con Patti Scialfa, vero grande amore della vita di Springsteen e unica donna che non fuggirà davanti quell’energia malevola che solo dopo molti anni si capì essere parte di una depressione ad alto funzionamento.
“Tunnel Of Love” lasciò perplessi sia pubblico che critica ma rappresentò un momento chiave nella vita artistica di Springsteen, un album intimo e sofisticato, non ai livelli di “The River” o passionale quanto “Born To Run”, ma coraggioso quanto “Nebraska” e artisticamente valido. Springsteen vanta a tutt’oggi l’eccellente capacità di mettersi costantemente in discussione, qualità che lo ha aiutato a non soccombere alla volubilità di un pubblico troppo spesso capriccioso e alle regole sempre più folli del mercato discografico. Tramite la sua arte ha saputo raccontare la sua crescita, i suoi sogni e le sue vicende personali, compresi i fallimenti. E “Tunnel Of Love” non è solo il racconto di un matrimonio fallito: per fortuna, è molto di più.
DATA D’USCITA: 9 Ottobre 1987
ETICHETTA: Columbia