Solo lui. Solo lui poteva riuscirci. Solo lui poteva sovvertire il senso comune, crearne uno nuovo. Solo David Bowie poteva allungare Gennaio, allungare la nostra voglia di infantilismo. Appiccicati col naso al vetro della finestra fissiamo quegli uomini spietati che tirano via le luminarie della festa. Sono i sicari del languore, i killer delle luci. Natale è sempre un viaggio al termine della notte, per dirla alla Celine. Ci si veste a festa e si contano i secondi: il tempo è dilatato, l’ipersensibilità ci fa sentire bene, male, felici, impazienti. Ma quando tutto finiva, il 7 Gennaio, il tapis roulant del quotidiano ci faceva ripiombare nell’assoluta normalità, quella che appiattisce tutto e cura i mali, chiude le cicatrici. Questo fino a ieri. Questo fino all’8 Gennaio del 2016 e poi il 10. Due giorni: un mondo. Felicità, euforia e poi sconforto. Note, languore, un Lazzaro che si alza e cammina colto da luce divina. E poi il nero più nero che c’è del suo ritorno agli inferi. In due giorni. Solo David. Solo lui poteva riuscire a prolungare il Natale di gioia e sofferenza. Perché sì, l’uscita di “Blackstar” l’8 Gennaio era un Natale. La morte di David il 10, la sofferenza. Un nuovo paradigma. Un ottovolante di sentimenti, un bagno in acqua calda, piacevole e poi un tuffo in quella ghiacciata che rattrappisce la pelle. E David è l’autore di tutto questo: come un Grinch, come un Babbo Natale ubriaco del cazzo. E ora restiamo sospesi. In questo nuovo Gennaio. Un Gennaio tutto nuovo. E tratteniamo il fiato perché ormai non ci fidiamo più. Tratteniamo il fiato finché anche l’ultima polvere di stella affumicata è evaporata e la scia della cometa nera scomparsa alla nostra vista.