Oggi come oggi Killers rappresenta davvero tante cose per gli Iron Maiden: primo album a essere stato prodotto dal compianto Martin Birch, scomparso di recente, con cui crearono un sodalizio che attraversò l’età d’oro del gruppo fino a “Fear Of The Dark” (1992), e con Adrian Smith alla chitarra al posto di Dennis Stratton, è anche l’ultimo a vedere alla voce Paul Di’Anno, allontanato poco dopo dalla band a causa delle sue dipendenze da alcool e droga che lo rendevano un’imprevedibile mina vagante. Eppure, inizialmente il gruppo non vi dava tanta importanza, poiché molte delle canzoni contenute nel disco erano già state suonate spesso dal vivo e affinate negli anni: non si trattava di una raccolta di “seconde scelte” accumulate nel tempo, ma ci andava vicino.
Il sophomore dei Maiden presenta rispetto al primo album delle differenze in termini di sonorità e di liriche che si sono poi concretizzate nei lavori successivi, grazie all’entrata in scena di un nuovo componente fondamentale, il cantante Bruce Dickinson. Il sound appare più pulito e meno underground per (grandissimo) merito del produttore, e pur permanendo le atmosfere horror del debut, in alcuni casi i testi trattano tematiche storiche, bibliche o ispirate a racconti e film, caratteristica tipica della corrente prog rock di cui Steve Harris, unico compositore di quasi tutte le tracce, non ha mai fatto mistero di essere un grande estimatore.
Il pathos crescente delle rullate della breve strumentale The Ides Of March funge da perfetta anticamera per le memorabili linee di basso di Wrathchild, brano presente anche nella prima raccolta “Metal For Muthas” (1980), seguito dai cambi di ritmo repentini di Murders In The Rue Morgue, ispirato a “I delitti della Rue Morgue” di Edgar Allan Poe. I virtuosismi delle chitarre di Another Life cedono il posto all’epica cavalcata di Genghis Khan e all’efficace riff di basso che apre Innocent Exile, una delle tracce più vecchie dell’album, risalente ai primi periodi della band.
L’esplosiva Killers, unica scrittura condivisa tra Harris e Di’Anno, trascina l’ascoltatore nella spirale di follia di un assassino intento a uccidere la sua vittima, mentre la successiva ballata Prodigal Son stempera notevolmente gli animi. La corsa finale vede susseguirsi la velocissima Purgatory e la conclusiva Drifter, perfetta sintesi di tutte le migliori peculiarità del gruppo all’epoca.
Inizialmente sottovalutato dalla critica rispetto al disco d’esordio, “Killers” simboleggia un passaggio molto importante per la carriera degli Iron Maiden, un primo slancio creativo e ambizioso, ancora diviso tra heavy metal e quel tanto contestato/rimpianto/amato/odiato (è tutta una questione di percezioni) alone punk, che chiude la breve e selvaggia era Di’Anno, precedendo di un solo passo “The Number Of The Beast” (1982), uno dei loro maggiori successi di sempre.
DATA D’USCITA: 2 Febbraio 1981
ETICHETTA: EMI