Avrebbe avuto capelli argento, non li avrebbe tinti mai, non era tipo. John il ribelle forse li avrebbe portati con un ciuffo elettrico, una molletta o un codino a sfidare le convenzioni sociali, quelle che dicono che a ottant’anni si debba passare il tempo a lanciare molliche ai piccioni. No. Lennon sarebbe stato un ottantenne che conta. Chiamato a più riprese da giornali e TV a commentare il tempo balordo che stiamo vivendo, per capirne il nocciolo, la direzione. Avrebbe fatto musica, è certo. Non è passato un giorno della sua vita senza che un tripudio di note lo rincorressero per casa. A ottant’anni sarebbe stato John il vecchio, John II, visto che John I aveva già consumato una vita intera seppur nel limitato arco di quarant’anni. Eccolo il grande equivoco di John Lennon: morire giovane ma aver già consumato una vita prima della morte. A quarant’anni due matrimoni, due figli, due progetti musicali epocali, due continenti vissuti, anzi tre, forse quattro, una leggenda che porta il suo nome e cognome, canzoni sui libri di storia, una crisi di esistenza, una lotta contro la tossicodipendenza, un viaggio agli inferi della comunicazione, lotte ambientaliste prima del filone ambientalista, lotte pacifiste anche dopo il pacifismo. E tutto questo prima di morire. La morte, insomma, quando arrivò con la sua insopportabile e vigliacca maniera, mise fine alla vita di un John già compiuto. John I. Certo, resta il rimpianto di cosa avrebbe potuto fare John 2. Come avrebbe letto i successivi quarant’anni. Come avrebbe raccontato il mondo di oggi e previsto (ancora una volta) quello di domani. Con dita bianche e rattrappite a sfiorare i tasti del pianoforte, un camicione di lana, una moglie mai doma, avrebbe forse scritto una nuova Imagine, avrebbe sfidato il tempo.
Buon compleanno John II. Ci saresti piaciuto.
Ma forse è solo un gioco mentale.