Nel 1996 Marilyn Manson era riuscito finalmente a cogliere nel segno con “Antichrist Superstar”, disco che con la complicità di Trent Reznor si era rivelato la perfetta evoluzione nineties dell’industrial metal. Ma non solo: “Antichrist Superstar” aveva anche palesato per la prima volta l’immensa visione concettuale di Brian Warner, inaugurando quella che sarebbe stata una vera e propria trilogia, conclusa nel 2000 con “Holy Wood” e che ha come perno Mechanical Animals. Warner per il suo album del ’98 decide di partire da se stesso, da quel successo che lo aveva lanciato in un mondo bianco, informe, vuoto, fatto di denaro e droghe di ogni tipo, per poi rivolgere lo sguardo su ciò che gli stava intorno, di certo non migliore di ciò che aveva dentro. In “Mechanical Animals” Marilyn Manson assume le sembianze di Omega, un alieno androgino e asessuato con un look a cavallo tra E.T. e lo Ziggy Stardust di David Bowie. Omega arriva sulla Terra ed entra in una band, i The Mechanical Animals, maturando poco a poco una totale apatia nei confronti di ciò che è il mondo delle rockstar. Il contraltare di Omega è, logicamente, Alpha: il personaggio di Alpha è invece lo stesso Manson che cerca di raccapezzarsi all’indomani del successo planetario di “Antichrist Superstar”. Entrambe le creature vivono in uno stato di privazione emotiva dettato da un mondo in cui il resto dell’umanità non è altro che animali meccanici, sprovvisti di spirito critico e assoggettati al volere della massa. L’unica via che trovano Alpha e Omega per provare a riacquisire individualità o, al contrario, per inebetirsi definitivamente è quella delle droghe, infliggersi un coma bianco come estrema soluzione. E sono le droghe il tema più corposo dell’album: se il titolo stesso di “Antichrist Superstar” aveva attirato su Manson le ire della parte più bigotta della società americana, parlare adesso così chiaramente ed esplicitamente dell’uso di stupefacenti (quasi a suggerirlo, oseremmo dire) non fa che peggiorare la sua posizione di nemico pubblico numero uno di quella fetta d’America. Maggior successo commerciale di Manson, “Mechanical Animals” segna anche dal punto di vista musicale una svolta per la band: le asperità metal dei precedenti due capitoli discografici lasciano spazio a un glam rock d’annata che fa il paio con l’aspetto visivo, complice anche l’ingresso in formazione di un chitarrista come John 5, molto diverso dal predecessore Zim Zum. “Mechanical Animals”, oltre a rappresentare la miglior dimostrazione della sua vena melodica, sgancia del tutto Manson dalle influenze di Nine Inch Nails, White Zombie e via discorrendo, affermando una volta per tutte l’intelligenza dell’artista e la trasversalità del personaggio.
DATA D’USCITA: 15 Settembre 1998
ETICHETTA: Nothing / Interscope