At The Chime Of A City Clock
Nick Drake
“Bryter Layter”, 1970
I fallimenti ti si attaccano addosso come colla. E, se ti chiami Nick Drake, prima ti strattonano fino a farti cadere. Nick è così. È un ragazzone enorme ma è fragile come una foglia. Riesce ad avere, allo stesso tempo, una faccia da luna e disperazione. Dunque, quando il suo primo disco “Five Leaves Left” è letteralmente ignorato da tutti, decide che ne ha abbastanza della musica. Si iscrive all’Università di Cambridge per cambiare aria, si mette a studiare letteratura inglese per scordarsi di tutto. Ma a casa sua, sul letto, la chitarra rimane lì. Nick non riesce a disfarsene. E lei lo frega, una notte. Lo frega perché Nick torna a scrivere canzoni. Bozzetti che fa ascoltare solo agli amici più cari. E trova la forza di riprovarci. Un nuovo disco, un nuovo salto nel buio. E di nuovo quella città, fortuna e sfortuna della sua vita: Londra. Nick torna a Londra per registrare con Joe Boyd il suo secondo disco “Bryter Layter”. E in questa canzone, un cane randagio come lui attraversa “la città con l’orologio”. È una città gelata, che ti “mette in ginocchio”, una città enorme. Nick ha i pantaloni sdruciti, poche sterline in tasca, assomiglia tanto ai barboni “con una pietra in una latta” o a quei clown che si esibiscono, tristi, all’imbocco dei parchi di città. Nessuno lo guarda, tutti corrono, hanno fretta. Solo un ragazzino che vende sigarette gli rivolge la parola, è l’unico a non vestire una maschera. Ma poi, improvvisamente, l’orologio batte l’ora. Il cielo diventa bianco, s’alza un sassofono, s’alza un quartetto d’archi. È l’ora. L’ora per Nick di reagire. L’ora di tornare a fare musica. Almeno fino al prossimo giro di lancette.