Blindsided
Bon Iver
“For Emma, Forever Ago”, 2008
Si è detto tutto di quando Justin Vernon si rifugiò in una baita di montagna nel Wisconsin. Si è detto che un artista in solitudine è più forte, gestisce meglio i propri fantasmi che la folla, sennò, renderebbe più forti, più subdoli. Si è detto che le delusioni d’amore sono come una vetta da scalare: manca il fiato, lo sconforto ti spinge a mollare, i muscoli cedono. E che Emma, chiunque lei fosse, spezzando il cuore di Justin, ebbe il merito di ispirare il più bel disco di musica acustica del nuovo millennio. Quello che si è raccontato di meno di “For Emma, Forever Ago” è che per uscire da quella baita, per tornare alla vita, Vernon passò tra i peggiori momenti della sua vita. Crisi di follia, crisi di freddo, crisi di autostima. E un colore, il bianco della neve, che spazza via tutto, ma che è solo illusione: perché quando la neve si scioglie poi fa emergere il fango. Justin in Blindsided è accecato, lo ripete in continuazione. È accecato dal bianco che fa perdere i sensi, gli orientamenti. “Mi accuccio come un cervo in contrasto con la neve (…) sono paralizzato e lento”. Chiodi, legna ghiacciate, la luce fragile di una fiaccola. Il corpo pesante va a sbattere contro un albero mimetizzato di bianco. Urla. Ma le urla sono forti se c’è qualcuno ad ascoltarle. Una punta di ghiaccio si stacca dal pergolato. L’auto è scomparsa sotto la coltre. S’alza un fumo di freddo. Sul fuoco bolle una teiera. Parli da solo, ridi, piangi, allo specchio noti che barba e capelli sono così lunghi che del volto è rimasto giusto una fessura per gli occhi. La chitarra è lì. Il disco è finito. Basta. È tempo di tornare a casa. La felicità è reale solo quando è condivisa.