Everybody’s Talkin’
Harry Nilsson
“Aerial Ballet”, 1968
Si poteva fare. Quell’anno così magico, si poteva fare. Si poteva viaggiare a bordo di una fascinazione ingenua e poetica, e mandare tutti al diavolo. Tutti parlano, nelle strade, nelle grigie e noiose sedute di vita quotidiana e, se sei un sognatore, il minimo che tu possa fare e chiudere gli occhi e pensare di trovarti da tutt’altra parte. Everybody’s Talkin’ è la canzone perfetta del 1968. Un brano che non ammette spigoli, che non ha paura di essere bollato per naif, fricchettone. Una canzone che sa di evasione. “Tutti mi parlano – sussurra Nilsson – non sento una parola di quello che dicono, solo l’eco della mia mente”. C’è il sole pacato e c’è la pioggia che poi cade. Impressione di arpeggio e violini. Una canzone che non va toccata perché fragile come una bolla di sapone e che se rotta non può essere ricomposta. Proprio come un sogno.