Let Me In
R.E.M.
“Monster”, 1994
Parlare al telefono con Kurt Cobain non era semplice in quei primi mesi ovattati del 1994. Ascoltava, ma si perdeva subito, distratto e poco lucido. Michael Stipe ci provò: “Lo chiamavo spesso, volevo tirarlo su anche se lo capivo: se ai tempi di Murmur le cose fossero andate male mi sarei ammazzato anche io con litri di Jack Daniels”. Michael provò a entrare nel mondo di Kurt, ma fallì. Lui ormai era morto. E fu uno shock per tutti, l’ha fatto per davvero? Quando gli R.E.M. scrivono “Monster”, il fantasma di Cobain è lì. Aleggia nelle chitarre rapprese, nel senso di freddo, negli spigoli appuntiti di quelle canzoni. E in Let Me In Stipe racconta le telefonate andate a vuoto: “Ho avuto l’idea di provare a fermarti…” − gracchia Michael; dietro ha un muro di vapori, di rumore, invadente e gocciolante − “…ma è come se avessi del catrame nei piedi, ora gli uccelli mi guardano e ridono di me”. Kurt non lo fece entrare, non voleva essere salvato. Come non fece entrare nessun altro. Troppa gente l’aveva già violato. Ma prima.