Police On My Back
The Clash
“Sandinista!”, 1980
Quando nel 1967 Eddy Grant scrive le parole di Police On My Back, in Sudafrica l’Apartheid sta consumando uno dei peggiori eccidi della storia. Il regime di polizia sudafricano col suo razzismo di stato è un dramma per il Paese. Gli Equals di Grant traducono il dissenso per quella tragedia con una canzone beat, leggermente frizzante, il cui testo racconta di un ragazzo in fuga dalla morte per mano degli sbirri senza alcuna colpa se non quella di avere la pelle scura. Il pezzo è bello, ha delle chitarre leggermente surfin’, il ritmo fa battere i piedi, ma tredici anni dopo, nel 1980, diventa pure epocale. Un urlo universale contro i soprusi universali. Il merito? Beh, della band più incattivita del momento, i Clash, che decidono di farne una cover supersonica per il loro disco più combat: “Sandinista!”. Un giro di chitarra elettrica s’avviticchia su se stesso come il richiamo di una sirena della polizia, basso e batteria pulsano in aritmia come il cuore in gola del povero malcapitato inseguito dagli agenti. “Che cosa ho fatto?” – è una corsa contro il tempo. Che colpa ho? Gocce di sudore evaporano trasportate dall’attrito dell’aria. “Lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato e domenica” – Joe Strummer snocciola i giorni in cui le prevaricazioni avvengono, cioè sempre. E lo fa con uno scioglilingua punk. Forse facendosi prendere la mano, forse no. In una chiarissima divisione tra buoni e cattivi.