Roads
Portishead
“Dummy”, 1994
“Oh, nessuno può vedere” – canta Beth. Lei è dentro un’auto. Le strade s’attorcigliano, nere come serpenti che s’accoppiano. Nessuno può vedere, canta Beth. Che peso ha la solitudine? Molto più dei 21 grammi di cui grava l’anima. La solitudine è un macigno, è un’auto che va avanti lenta nel cuore della notte, è un violino blu, il canto di Beth che lamenta la sua disperazione. Ma “nessuno può vedere”, perché è buio e perché non esiste alcuna sonda in grado di radiografare quella straziante malinconia incollata al fondo dello stomaco. E nessuna bilancia per valutarne il peso specifico. “Come ci si sente così sbagliati? Abbiamo una guerra da combattere” – Beth tira giù il finestrino, butta fuori la testa, l’aria è gelida, il vento fa volare i suoi capelli biondi. Le strade sono lisce, l’asfalto è nemico, i bivi una pura formalità. Nessuno può vedere, ma c’è. È lì. Scura. Ed ha la faccia dei peggiori tornanti in salita.