Ottobre 1970: in mezzo a tanti dischi space rock dalle copertine elaborate era impossibile non scorgere sugli scaffali quella su cui compariva Lulubelle III, una mucca frisona immortalata da Storm Thorgerson nella campagna inglese, e fu probabilmente proprio grazie a questo dettaglio “più reale e normale” degli altri che Atom Heart Mother attirò l’attenzione e fu il primo album dei Pink Floyd a raggiungere la prima posizione nella classifica delle vendite in Gran Bretagna. Nome, copertina e tracce del progetto non sono attinenti tra loro: indicato inizialmente come “The Amazing Pudding”, il titolo venne scelto a pochi passi dalla pubblicazione, grazie a un articolo di giornale che parlava di una donna che aveva partorito dopo l’impianto di un pacemaker atomico.
Mixato da Alan Parsons e Peter Bown, “Atom Heart Mother” rappresenta il primo passo effettivo in una direzione differente da quella intrapresa nei primi lavori, contraddistinti da psichedelia e sperimentalismo, per staccarsi da quella corrente e rinnovare la propria immagine, includendo elementi sinfonici e di matrice progressive. Ciò che fa arrabbiare spesso i puristi devoti al rock progressivo è la collocazione a tutti gli effetti dei Floyd in tale ambito: l’unico del gruppo a interessarsi di jazz, musica classica e d’avanguardia, tutte componenti fondamentali per procedere, era Richard Wright; inoltre, a detta dello stesso Nick Mason, le loro abilità di musicisti avevano dei limiti.
L’imponente suite strumentale suddivisa in sei parti Atom Heart Mother occupa metà del disco: il tema principale da cui prese forma il brano fu ideato da David Gilmour e intitolato “Theme From An Imaginary Western”, poiché richiamava alla mente la colonna sonora de “I magnifici sette”. Data la sua durata totale di ventiquattro minuti, la registrazione della base ritmica diede non pochi grattacapi a Waters e Mason: pur avvalendosi della collaborazione del sapiente compositore Ron Geesin per l’arrangiamento orchestrale, affiancato in extremis anche dal maestro John Aldiss per dirigere i cori, fu un’odissea dal punto di vista tecnologico e organizzativo. Alan’s Psychedelic Breakfast, al pari della title track, è un altro progetto ambizioso di “musica concreta” diviso in tre sezioni: rappresenta la versione sonora di una prima colazione, il cui protagonista è Alan Styles, membro dello staff della band all’epoca. I Pink Floyd non si definirono mai soddisfatti dei risultati ottenuti con le due tracce in questione, il commento più clemente fu quello di Mason che le etichettò come valide idee da approfondire.
Per completare il lato B, ogni membro del gruppo si incaricò di comporre e interpretare un pezzo singolarmente. Nell’intima If Waters inizia a mostrare i primi sensi di colpa nei confronti di Syd Barrett, mentre Wright parla di tradimenti e vita on the road nella disillusa Summer ’68. Scritta interamente da Gilmour, la malinconica (e meglio riuscita) Fat Old Sun ricorda l’infanzia del chitarrista trascorsa a Cambridge e contiene riferimenti importanti che compariranno in altri brani successivi, come le campane che simboleggiano il passato e il sole che rappresenta il cambiamento. Sebbene Gilmour e Waters oggi lo definiscano “un mucchio di rifiuti”, “Atom Heart Mother” è un album di transizione e tassello fondamentale che, insieme al successivo “Meddle” (1971), segna il passaggio definitivo dei Pink Floyd dalla psichedelia della seconda metà degli anni Sessanta verso la successiva e più fortunata produzione dei concept che li hanno consacrati.
DATA D’USCITA: 2 Ottobre 1970
ETICHETTA: Harvest / Capitol