Agli inizi degli anni ’90 a Bristol, una città inglese che fino a quel momento dal punto di vista musicale aveva partorito poco o nulla di rilevante, comincia a farsi avanti un nuovo concetto: rallentare l’hip hop allo sfinimento, riempirlo di sample, scratch e basi elettroniche, rendendolo così scurissimo e tremendamente urbano. C’erano i Massive Attack a tirare le fila della situazione, che già nel 1991 avevano colto nel segno con “Blue Lines”, album in cui elettronica, hip hop, reggae e dubstep creavano una miscela completamente nuova; ma oltre loro si muoveva tutto un sottobosco di artisti che modificava a proprio gusto quel tipo di proposta, mantenendo intatto il fumo sullo sfondo: Tricky, ad esempio, ben più aggressivo e ruvido dei colleghi Massive Attack.
E poi i Portishead: Geoff Barrow, musicista e produttore che bazzicava già l’ambiente; Adrian Utley, un ottimo chitarrista d’estrazione jazz; infine Beth Gibbons, una cantante che si dilettava nei pub ma che aspettava solo l’occasione giusta per rivelarsi come il fenomeno che era (ed è). I tre hanno un’idea precisa di cosa fare: gli piace il cinema, le ambientazioni noir, gli piace giocare con le atmosfere e accostare strumentazioni vintage a diavolerie elettroniche. Il lavoro di ricerca e stesura si condensa in Dummy, il loro debutto discografico, una lunghissima e avvolgente colonna sonora per un film di spionaggio condito da romanticismo decadente, tonalità nere come la pece e rarefazioni acide.
Il gusto di Barrow per le soundtrack si sublima in tracce come quei due capisaldi del genere che sono Sour Times e Glory Box, il tocco elegante e cadenzato di Utley scolpisce Strangers e Pedestal, la voce profonda, coinvolgente e malinconica di Gibbons segna i picchi emozionali It Could Be Sweet, Wandering Star, Numb e soprattutto Roads, che portano i Portishead a un altro livello rispetto a tutti gli altri che s’erano avventurati negli stessi ovattati territori, a tratti Massive Attack compresi. Dolcezza e nostalgia, paura e ossessione, luci al neon e oscurità, fanno così di “Dummy” il languido manifesto del trip hop.
DATA D’USCITA: 22 Agosto 1994
ETICHETTA: Go! Beat / London