Home EXTRA ANNIVERSARI Red Hot Chili Peppers: 20 anni di By The Way

Red Hot Chili Peppers: 20 anni di By The Way

“Sei cambiato, non sei più come prima”: quante volte vi è capitato di sentir dire questa frase? Se lo aveste chiesto ai Red Hot Chili Peppers del 2002 la risposta sarebbe stata sicuramente “troppe”. Vent’anni fa era luogo comune sentire lamentele riguardanti la svolta “troppo” melodica della band: lo stesso Frusciante, continuamente additato come la “causa” di questo cambio di rotta, ritenne necessario specificare in alcune interviste come fosse stato lui a scrivere Can’t Stop, mentre alcune delle canzoni più melodiche del disco come Universally Speaking, erano opera di Flea. Ad oggi però By The Way è il terzo album più venduto della band, con circa otto milioni di copie in tutto il mondo: sarà perché il tempo fortifica il valore dei brani, sarà perché la nostalgia dei bei tempi andati colpisce tutti noi fan, sta di fatto che l’intraprendenza dei quattro californiani acquisiti ha dato i suoi frutti.

Nel 2002 i Red Hot tornarono sulla scena a tre anni dal successo planetario di “Californication” (1999), il capolavoro che li confermò ulteriormente come grandi del rock. Tuttavia, sarebbe stato troppo facile adagiarsi sugli allori e continuare con la solita formula “funkettona” per accontentare i fan di primo pelo: ai nostri piace mettersi in gioco ed è così che nasce “By The Way”, l’ottavo album in studio della band, che vede in cabina di regia il solito, da tre album a questa parte, Rick Rubin: squadra che vince non si cambia, giusto? Sono dell’idea che per giudicare un disco bisogna sempre tentare di inquadrare il contesto in cui questo viene ideato. Ad inizio Duemila i nostri ex ragazzi sono prossimi ai quarant’anni (eccetto Frusciante) e hanno adottato uno stile di vita più sano, ripulendosi da droghe e mettendo su famiglia: un altro “Blood Sugar Sex Magik” (1991) avrebbe veramente avuto senso?

Ci troviamo di fronte ad un album ricco di contaminazioni anni ‘60 e ‘70, come dimostrano le atmosfere à la Beach Boys delle ottime The Zephyr Song e Universally Speaking o i ritmi ska di On Mercury, o ancora la psichedelia di This Is The Place, dove le liriche di Kiedis sembrano riprendere il discorso interrotto con “Breaking The Girl”. Non mancano le ballate come I Could Die For You, abbastanza ruffiana ma che funziona alla perfezione, e Dosed, che vede per la prima volta Frusciante come voce solista nel ritornello e dimostra la semplicità con la quale il chitarrista riesce a creare melodie così delicate e così potenti allo stesso tempo. Il disco presenta anche alcune stranezze: Warm Tape, caratterizzata dai sintetizzatori e da un ritornello che vede Frusciante omaggiare i Beatles, Tear e Midnight, due ottimi brani melodici, dove a sorpresa gli strumenti protagonisti sono rispettivamente il pianoforte e gli archi, ed infine Cabron, che è l’evoluzione di quella quasi mitologica “Height Down”, scritta a quattro mani da Frusciante e River Phoenix quasi dieci anni prima (se non la conoscete vi invito all’ascolto). Insomma, si tratta di pezzi impensabili per una band che faceva della potenza e della sensualità i suoi punti caratteristici fino a qualche anno prima.

Ma questi brani fanno “solo” da cornice ai capolavori che” By The Way” presenta al suo interno, a partire dalla title track, singolo che anticipò l’album, caratterizzato da continui sali-scendi, da un ritornello epocale e da una possente sezione ritmica che vede finalmente protagonisti Smith e Flea; lo stesso vale per brani come Can’t Stop, la canzone che più si avvicina ai Red Hot del passato, con strofe rappate e un ritornello melodico il giusto, piazzata a metà del disco, come a volerne sottolineare l’importanza, in modo da rassicurare i fan di vecchia data su come il funk scorra ancora nelle vene della band, e Throw Away Your Television, un’aspra critica di Kiedis alla società moderna, accusata di concentrarsi esclusivamente sull’immagine piuttosto che sul contenuto: un brano anomalo all’interno della raccolta, dove Frusciante sperimenta con i suoni, ma che è reso irresistibile dal suo ritmo incalzante. Tuttavia, i due migliori brani del lotto sono rappresentati da Don’t Forget Me, una ballata mid-tempo dalla melodia semplice scandita dal basso, ma resa indimenticabile dai tessuti chitarristici di un Frusciante ispiratissimo, sui quali Kiedis decanta uno dei suoi testi più ispirati; e Venice Queen, probabilmente la miglior traccia conclusiva di un album della band: si tratta di un’opera composta da due sezioni, in cui Frusciante si diletta tra chitarra elettrica e acustica e Kiedis scrive un testo dedicato ad una cara amica malata di cancro, che purtroppo non farà in tempo a sentirla.

Che lo si voglia ammettere o meno, “By The Way” è stato un album fondamentale per i Red Hot Chili Peppers: è stata la prima vera conferma dopo un successo epocale, cosa che non era avvenuta dopo “Blood Sugar Sex Magik”, e ha dimostrato ancora una volta la duttilità musicale della band, rendendoli accessibili ad un pubblico ancora più ampio. Forse non sarà all’altezza di alcuni album del passato ma (e qua rischio di risultare ripetitivo) contestualizzandolo al periodo storico che la band stava attraversando, un album migliore non poteva uscire.

DATA D’USCITA: 9 Luglio 2002
ETICHETTA: Warner