Home EXTRA ANNIVERSARI The Doors: 55 anni del self titled

The Doors: 55 anni del self titled

La storia dei The Doors prende il via nell’estate del 1965 sul lungomare della folcloristica Venice Beach, dove si incontrarono gli allora studenti di cinema dell’Università della California Ray Manzarek e Jim Morrison, musicista eclettico e di grande talento il primo, già fondatore di un piccolo complesso insieme ai fratelli Jim e Rick, genio incompreso appassionato di filosofia e letteratura il secondo. Sebbene Morrison fosse privo di competenze in ambito musicale, Ray ne fiutò il potenziale e gli propose di mettere in piedi una band tutta loro. Dopo un’estate passata a sperimentare, la formazione ufficiale venne completata dal chitarrista Robby Krieger e dal batterista John Densmore e il gruppo iniziò la gavetta fino a diventare ospite fisso del Whisky a Go Go, crocevia fondamentale nella storia della musica che gli spalancò le porte dell’Elektra Records.

Il loro omonimo debut presenta già tutti i capisaldi che contribuirono a far entrare il quartetto nella leggenda: dalle influenze classiche, blues e jazz e i giochi di prestigio di Manzarek alle tastiere, che modificò opportunamente per ovviare alla mancanza di un bassista degno della band, alla grande versatilità di Krieger e Densmore, il cui scibile si spingeva verso ritmi tribali, flamenco, free jazz e melodie esotiche, fino ai testi colti, profondi ed enigmatici di Morrison, il cui obiettivo era quello di scuotere gli animi, come un moderno Rimbaud, suo poeta prediletto, ma anche di illuminare alcune zone d’ombra introducendo l’ascoltatore nel suo mondo immaginifico, proprio come suggeriva il nome dal gruppo, ispirato al titolo di un romanzo di Aldous Huxley, derivato a sua volta da una nota citazione del visionario William Blake.

L’apertura è affidata a Break On Through (To The Other Side), caratterizzata da unospiazzante assolo di organo, su cui la band investì molto, senza ottenere il successo desiderato, salvo poi essere rivalutata in seguito; sulla stessa linea sonora vi è la donna tanto bella (quanto costruita) da sembrare un’attrice su un set cantata in Twentieth Century Fox. La passione di Jim per la poesia, il teatro e i grandi protagonisti del blues viene posta ulteriormente in risalto da due omaggi: la rivisitazione ska-carnevalesca di Alabama Song (Whisky Bar), nota opera di Bertolt Brecht musicata da Kurt Weill, e le allusioni spinte e gli ululati della Back Door Man scritta da Willie Dixon per Howlin’ Wolf.

Con i suoi sette minuti, spesso condensati per favorirne la diffusione radiofonica, Light My Fire è una delle tracce di maggior successo del gruppo, nata originariamente dal genio di Krieger e completata grazie ad un lavoro corale di improvvisazione, che convinse Morrison e soci a guardare in una direzione diversa rispetto a quella seguita nell’opener, mescolando numerose influenze tra cui pop barocco, ritmi latini, jazz e tratti psych e acid rock, anticipando la fusion che vedrà concretamente la luce in un paio d’anni nelle opere di Miles Davis, Frank Zappa e Weather Report. Tra i capolavori di spicco non si può non annoverare Soul Kitchen, tributoa metà tra funk e blues al popolare ristorante etnico Olivia’s di Santa Monica frequentato dallo scapestrato frontman, e la psichedelia liquida e le atmosfere leggere e trasognate di The Crystal Ship.

I giochi di luce psych di End Of The Night, contenenterimandi agli scritti di William Blake e Louis-Ferdinand Celine, e le più coinvolgenti I Looked At You e Take It As It Comes precedono il lungo finale dominato dai toni raga rock, ispirati agli harmonai della Grecia antica e alle melodie indiane, e dal finto sitar ottenuto da Krieger con una particolare accordatura, della complessa e teatrale The End, concludendo il manifesto che contiene le formule di quell’incantesimo e pot pourri di stili che tra le provocazioni e la doppia immagine di Jim, renderanno avvincente il quartetto fino alla scomparsa prematura del tormentato cantautore, ormai schiacciato da quelle stesse ombre che cercava disperatamente di illuminare e rendere percepibili ai nostri sensi.

DATA D’USCITA: 4 Gennaio 1967
ETICHETTA: Elektra

Martina Vetrugno
Studentessa di ingegneria informatica, musicofila, appassionata di arte, letteratura, fotografia e tante altre (davvero troppe) cose. Parla di musica su Il Cibicida e con chiunque incontri sulla sua strada o su un regionale (più o meno) veloce.