L’ennesimo successo targato Netflix è 13 Reasons Why (semplicemente “Tredici” nella versione italiana), teen drama basato sull’omonimo romanzo di Jay Asher che racconta la storia di una ragazza, Hannah Baker, che si toglie la vita lasciando in “eredità” delle audiocassette che spiegano i 13 motivi del suo gesto, ciascuno dei quali legato a un altro personaggio. Sorvolando sulle tematiche estremamente attuali trattate dalla serie (il cyberbullismo, il suicidio, il possesso di armi, la violenza sessuale, etc.), Netflix dimostra ancora una volta di aver saputo cogliere nel segno accostando a un plot indubbiamente forte una colonna sonora d’effetto. Autori e produttori hanno scelto di andare piuttosto sul sicuro, mettendo in piedi dal punto di vista sonoro una sorta di sintesi fra le atmosfere di una pellicola cult come “Donnie Darko” (2001) e un’altra delle più recenti produzioni Netflix, l’acclamato “Stranger Things”.
I punti di contatto con il film di Richard Kelly sono inequivocabili: a parte Love Will Tear Us Apart dei Joy Division e The Killing Moon degli Echo & The Bunnymen (coverizzata dai Roman Remains), che già da sole farebbero quadrare il cerchio, ci sono parecchi anni ’80 sparsi qua e là nei vari episodi, a cominciare dallo stesso utilizzo delle audiocassette e quindi del walkman come mezzo di comunicazione fra Hannah e i suoi destinatari. Ci sono i The Cure con Fascination Street, ci sono ancora i Joy Division con Atmosphere ma nell’altrettanto stupenda versione dei Codeine, c’è la Only You degli Yazoo rifatta da Selena Gomez (che oltretutto è anche una delle produttrici della serie). Più in generale, sono appunto le atmosfere a riportare alla mente “Donnie Darko”, dalle scorazzate in bici per una cittadina della provincia americana alle scene fra i corridoi del liceo, passando per la stessa impostazione dei personaggi, piuttosto stereotipati ma per questo riconoscibili e familiari.
Sono le parti strumentali, invece, che si ricollegano alla produzione dei Duffer Brothers: le musiche che accompagnano ciascun personaggio, realizzate dal compositore Eskmo, non hanno il sapore space di quelle di Michael Stein e Kyle Dixon ma si fondano comunque su suoni sintetici anch’essi pienamente eighties e su forti derive ambient che completano alla perfezione lo scenario insieme al resto della selezione. Abbiamo i Chromatics con Into The Black, riuscitissima cover della “Hey Hey, My My (Into The Black)” di Neil Young, gli M83 con Reunion (giusto per restare sui synth), i Lord Huron con The Night We Met (tra i brani più incisivi della soundtrack), i The Moth & The Flame con Young & Unafraid, i The Kills con Doing It To Death, i Lost Under Heaven con The Great Longing e una marea di altri brani piazzati sempre in modo opportuno, in un’ottima alternanza fra presente e passato.