Lo scorso 9 Marzo sono stati 30 anni esatti da quando gli U2 pubblicarono, nel 1987, The Joshua Tree, caposaldo della loro discografia e del rock degli anni ’80 (ma non solo). La band ha deciso di celebrare la ricorrenza con un lungo tour che a breve toccherà anche l’Italia per due imperdibili date romane, oltre che con la pubblicazione di una ristampa deluxe del disco con svariato materiale supplementare. Nell’attesa che Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr. arrivino dalle nostre parti, ripercorriamo la storia e la genesi di questo lavoro fondamentale in 10 punti. Un consiglio: leggeteli ascoltando l’album.
IL TITOLO – Il titolo dell’album per come lo conosciamo non è sempre stato “The Joshua Tree”: inizialmente gli U2 avevano pensato a “The Two Americas”, poi avevano virato su “The Desert Songs” e solo alla fine optarono per quello definitivo passato poi alla storia, convinti dalla natura stessa dell’albero in questione.
L’ALBERO – La Yucca brevifolia o albero di Joshua è il più comune del deserto americano, molto resistente e adatto a condizioni di vita sfavorevoli; l’arbusto raffigurato nelle foto dell’album è stato immortalato da Anton Corbjn e ha vissuto fino al 2000, rimanendo ancora tutt’oggi meta di pellegrinaggio per tantissimi fan degli U2.
LA COPERTINA – La celebre immagine della band utilizzata per la copertina del disco è stata scattata sempre da Anton Corbjn mentre Bono e i suoi si trovavano sul percorso della Route 190, leggendaria strada della California che si estende per oltre 300 km da Est a Ovest attraversando la Death Valley.
L’AMERICA – Questo è il cosiddetto “album americano” degli U2, col suo sound blues, gospel e country: in realtà il disco è stato solo ultimato negli Stati Uniti, ai Sun Studios di Memphis, Tennessee, ma gran parte delle registrazioni sono avvenute alla Danesmoate House, una villa in stile georgiano nella zona Sud di Dublino.
IL BRANO SIMBOLO – Where The Streets Have No Name apre il disco ed è forse il brano più rappresentativo dello stesso, ispirato a Bono da un viaggio in Etiopia fatto con la moglie all’indomani del Live Aid del 1985. Lo storico videoclip è stato girato sul tetto del Republic Liquor Store di Los Angeles, tra la East 7th Street e la South Main Street.
LE TEMATICHE – C’è la politica: Bullet The Blue Sky si scaglia contro la politica estera di Reagan con El Salvador e Nicaragua; Red Hill Mining Town si schiera dalla parte dei minatori che negli anni ’80 persero il lavoro nel Regno Unito; Mothers Of The Disappeared è dedicata alle Madri di Plaza de Mayo, le madri dei desaparecidos fatti scomparire dalla dittatura Argentina a cavallo fra Settanta e Ottanta. C’è la religione: in I Still Haven’t Found What I’m Looking For ed Exit Bono si interroga sul rapporto con Dio. C’è l’amore in With Or Without You e Trip Through Your Wires. C’è la dipendenza dalla droga in Running To Stand Still. C’è, infine, l’America desertica dell’immaginario del disco in In God’s Country.
I RIFERIMENTI – L’album è stato prodotto da Daniel Lanois e, soprattutto, Brian Eno: l’ex Roxy Music fu fondamentale per il raggiungimento del risultato finale e lavorò così intensamente al disco fin quasi ad ammalarsi. Per quanto riguarda l’ispirazione, Bono ha sempre dichiarato di aver preso spunto dalla poetica di Bob Dylan e Patti Smith, non a caso due che hanno saputo raccontare come pochi altri l’America e le sue contraddizioni.
LA DEDICA – Gli U2 hanno dedicato l’intero album a Greg Carroll, roadie della band e poi anche amico di Bono, morto tragicamente a Dublino in un incidente motociclistico; nello specifico è a lui rivolto il brano One Three Hill, una collina della città neozelandese di Auckland dalla quale Carroll proveniva e in cui volerà l’intera band per il suo funerale.
L’ESCLUSA – Dalle session di registrazione dell’album era venuta fuori anche The Sweetest Thing: il brano venne scartato dalla tracklist finale perché non uniforme al sound complessivo e fu riciclato come b-side di Where The Streets Have No Name. Reinciso nel 1998, diventò una hit grazie anche al video girato dagli U2 col cammeo dei Boyzone.
I RICONOSCIMENTI – Dal punto di vista strettamente commerciale, “The Joshua Tree” è ancora adesso l’album degli U2 che ha venduto di più con le sue oltre 28 milioni di copie complessive, di cui ben 10 milioni nei soli Stati Uniti. Il disco è valso alla band due Grammy nel 1988 per l’album dell’anno e la miglior performance rock eseguita da un gruppo. Nel 2014, inoltre, l’album è stato inserito nell’americano National Recording Registry che contiene le registrazioni meritevoli di essere tramandate ai posteri.