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Colleen: Un’artista d’avanguardia

Cécile Schott, in arte Colleen, è una musicista piuttosto vitale. Gira il mondo, compra strumenti esotici, si divide tra l’insegnamento della lingua inglese e la musica, vola da un punto all’altro dell’Europa trasportando i suoi “ferri del mestiere”, è indipendente e non ha un manager. Ma, soprattutto, Colleen è una di quegli artisti che non smette mai di sperimentare. Ascoltare per credere l’ultimo suo disco “Les Ondes Silencieuses”, uscito lo scorso anno e quasi del tutto incentrato sul suono melanconico della seicentesca viola da gamba. In occasione del tour che l’ha portata in Italia, Il Cibicida l’ha intervistata per i suoi lettori.

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Cécile, sei stata un’insegnante di inglese e sei diventata una delle più apprezzate musiciste in Europa. Parlaci di questo “passaggio”…
La mia passione per la musica è iniziata quando avevo tredici anni, e non immaginavo di poterle dedicare la mia vita. Negli anni, così, ho mollato tutto per poi ricominciare in maniera molto passionale. In maniera particolare, le cose iniziarono a farsi folli durante la lavorazione del mio secondo disco: lavoravo solo part-time come insegnante d’inglese, ma era comunque troppo perchè nel frattempo suonavo dal vivo, registravo, rilasciavo interviste e prendevo accordi sul mio lavoro (non ho mai avuto un agente). Il tutto stava diventando veramente impegnativo, andavo da Parigi a Los Angeles il venerdì, suonavo il sabato, tornavo a Parigi il lunedì, e rientravo a scuola il martedì! Ancora non so come ci sono riuscita! Così nel 2006 ho finalmente deciso di prendermi un anno di vacanza nel quale ho capito che il fatto che la musica fosse diventata la mia principale occupazione non significava che dovessi giungere ad un compromesso. Era invece l’opposto, potevo decidere cosa volevo fare col mio tempo.

Molti ti definiscono un’artista d’avanguardia. Che ne pensi?
Mi sento lusingata se la gente usa quel termine perchè penso che, attualmente, è dura per ogni artista riuscire a fare qualcosa che non è stato già fatto prima. Di sicuro non sono una elitarista e penso che la mia musica, anche se non è pop, sia abbastanza accessibile in virtù della presenza di melodie. Sono però una persona curiosa e amo imparare ed essere sorpresa, così provo a sorprendermi quando scrivo un nuovo disco e spingo me stessa a fare nuove cose. Così, invece di usare la parola “avanguardia”, preferisco dire che cerco di avere una voce personale, uno stile riconoscibile e un’identità. La peggior cosa che posso pensare quando ascolto musica è: “ho già sentito questo migliaia di volte”.

“Les Ondes Silencieuses” è un disco estremamente cinematografico. Quali immagini lo hanno ispirato?
Ho pensato al suono che volevo dare all’album per quasi due anni. Ma ho iniziato a registrarlo appena tornata da un tour in Giappone, ritenendo quel viaggio un’ispirazione perfetta. Penso sia stato qualcosa di inconscio, ma solo quando ho ascoltato l’album per la prima volta ho realizzato quanto gli scenari ed i paesaggi orientali l’avessero suggestionato. Originariamente il disco doveva intitolarsi “This Place In Time” e riferirsi a due luoghi che ho visitato in Giappone: una bottega di tè di Ohara, vicino Kyoto, ed uno splendido museo d’arte contemporanea vicino al mare in un luogo chiamato Hasegawa. In entrambi i posti ho avuto la sensazione fortissima di stare in luoghi nel quale ero destinata a passare.

Il suono della tua viola da gamba è trasversale in tutto il disco. Come hai scoperto questo strumento?
Quando avevo 16 anni ho visto il film “Tous les matins du monde” di Alain Corneau, che parla delle vite di Marin Marais e Sainte Colombe, due tra le più importanti compositrici per viola da gamba del Seicento. Il film fu un grande successo in Francia e contribuì alla riscoperta dello strumento. Rimasi impressionata dalla bellezza del suo suono e dalla sua malinconia che corrisponde a ciò che è la mia visione di una musica ideale.

E invece manca l’elettronica che aveva segnato i precedenti lavori…
Non mi sono mai sentita un’artista che fa musica elettronica e se ascolti tutti i miei lavori noterai che solo raramente l’ho utilizzata. Il mio primo album aveva dei campionamenti, ma di strumenti acustici. È stato solo il modo in cui li ho tagliati e assemblati che ha dato la parvenza della musica elettronica.

Sei una polistrumentista. Ma c’è uno strumento che ti affascina più degli altri?
Penso che la viola da gamba sia stato davvero lo strumento che mi ha intrigato di più. Io amo gli strumenti che vengono da lontano, dall’India o dal Medio Oriente, ma attualmente mi sono frenata nel comprare strumenti e provare a suonarli, perchè c’è un limite a ciò che un cervello umano può imparare!

Qual è l’autore di musica classica che ti ha cambiato la vita?
Direi Bach, lui è il tipo di compositore che ha esplorato per tutta la sua vita. Credo che sia la qualità che la quantità della sua produzione siano stupefacenti e ancora determinanti per la musica di oggi.