Ottobre 2009: Dente solleva il cappello dalla testa e una pioggia di coriandoli si libera al vento, quasi come un trucco di magia o come una di quelle trovate da giocoleria. Questa fotografia è una delle ultime che immortalano il musicista di Fidenza e ne è specchio fedele. Perché lui, Dente (all’anagrafe Giuseppe Peveri), nel panorama del cantautorato italiano, è apparso davvero quasi per sortilegio. Dopo una gavetta durissima fatta di mille lavori (”magazziniere, commesso, fotografo, salumiere, operaio, archivista, grafico, volantinista, facchino, veggente, mulettista, censore Istat”) e il calpestio dei palchi di provincia, il suo magic moment è arrivato quest’anno grazie a “Il Paese E’ Reale”, compilation promossa dagli Afterhours. E poi naturalmente grazie all’ultimo disco “L’amore non è bello”: un po’ Battisti, un po’ se stesso, con quella barba e quelle occhiaie da bohemien fallito, Dente canta l’amore deludente e ”le canzoni coi finali tristi”, rispettando la tradizione cantautorale, ma facendola totalmente sua. Live Dente ha chiacchierato con Il Cibicida.
Domanda: Dente, “L’amore non è bello”, partiamo da questa frase. Un titolo impopolare?
Dente: Non credo… credo che piuttosto sia la verità ad essere impopolare.
Domanda: I cantautori italiani nei decenni sono sopravvissuti alle mode. Forse perché ci sarà sempre qualcuno che imbraccerà una chitarra scrivendo di sé?
Dente: Per me è una cosa naturale, è il modo più semplice e bello che conosco per esprimermi e credo che sia così per tanta gente.
Domanda: Tu scrivi quasi sempre di te. Una specie di psicanalisi?
Dente: Diciamo che faccio un uso terapeutico della musica. La utilizzo per dire quello che non riesco a dire in altro modo oppure per sdrammatizzare una situazione o ancora per levarmi di dosso un peso e far uscire quello che dentro non ci sta più.
Domanda: “A me piace lei” è un pezzo che ricorda molto Battisti. E’ vergogna svelare i propri riferimenti? Molti preferiscono dire che “suonano solo come se stessi”.
Dente: Lo diceva anche Battisti.
Domanda: Dente e Giuseppe. Differenze?
Dente: Dente è il soprannome che mi porto addosso da quando sono bambino e tutti mi chiamano così. E’ un nome che mi piace e che sento molto mio. Mi fa quasi strano essere chiamato con il mio nome di battesimo. Non ci sono più abituato.
Domanda: C’è un pezzo molto duro nel tuo repertorio, è “Beato me”. Canti: “comprati un mazzo di fiori, che poi ti do i soldi”. Un’anti serenata? Ci racconti di questo brano che è entrato ne “Il Paese E’ Reale”?
Dente: Questo è il primo ed unico pezzo per ora che non parla di me o comunque non si riferisce a situazioni mie autobiografiche. Volevo scrivere qualcosa che riflettesse il modo di pensare di molti uomini, questi principi azzurri finti che dicono una cosa e ne pensano un’altra e sono felici di essere così. E’ una canzone un po’ diversa dalle altre ed è stata registrata appositamente per “Il Paese E’ Reale”. L’idea degli Afterhours è stata sicuramente lodevole e coraggiosa. Sinceramente non so se ha funzionato e che risultati abbia dato. Io sono felice ed onorato di essere stato incluso nel disco.
Domanda: Parliamo di mercato. La tua generazione di musicisti pare destinata a vendere poco o nulla. Non pensarci troppo e suonare molto può bastare?
Dente: E’ l’unica cosa che possiamo fare, il mercato discografico classico è crollato e i dischi si vendono molto meno di una volta. La cosa triste è che non solo è cambiato il modo di acquistare la musica ma anche il modo di ascoltarla è cambiato tanto. Oggi siamo abituati ad avere tutto quello che vogliamo nel giro di qualche secondo e dedichiamo meno tempo e meno attenzione a quello che ascoltiamo. Se una cosa non ci colpisce all’istante la cancelliamo, se una cosa ci piace possiamo averla gratis, possiamo avere una sola canzone di un artista e non tutto il disco. Fino a poco tempo fa questo era fantascienza, si leggevano le riviste, si usciva di casa, si andava al negozio, si comprava un disco intero e lo si ascoltava dall’inizio alla fine leggendo il libretto, i credits, i testi e tutto quanto. Io ho iniziato ad ascoltare la musica in questo modo. Tornando alla sfortuna della nostra generazione, è vero che bisogna suonare tanto ma non è poi così male, dai.
Domanda: Nel frattempo come campi? Qual è il tuo curriculum extra musicale?
Dente: Ho deciso tre anni fa di fare solo il musicista con i sacrifici e le gioie che comporta.
Domanda: Come vedi internet? Hai messo in download gratuito l’album “Le cose che contano”. Non si ritorna indietro dalla rivoluzione digitale?
Dente: E’ difficile dirlo e forse non è neanche mio compito farlo. Credo che si stia passando una fase molto delicata con un futuro incerto e poco calcolabile, tutto va molto veloce e le cose cambiano in continuazione la rivoluzione digitale del cd di qualche anno fa sembra già preistoria. Le previsioni sono difficilissime da fare in questo momento.
Domanda: Hai suonato a Catania il 3 ottobre. I tuoi sono spesso concerti infarciti di intermezzi ironici, surreali. Come prepari un live?
Dente: Il live è supportato da una band che suona con me e che ha anche partecipato alla realizzazione del disco, l’unica cosa che prepariamo sono le canzoni, il resto è improvvisazione, stato d’animo e cuore.
* Foto d’archivio
A cura di Riccardo Marra