Dicembre 2010: Rudi Protrudi è uno di quegli artisti tutti d’un pezzo che difficilmente se ne trovano in giro al giorno d’oggi. Con i Fuzztones ha marchiato a fuoco la scena underground tanto americana quanto europea, coi suoi album, sì, ma anche e soprattutto con l’attività dal vivo, vero e proprio giramondo senza sosta. Un viaggio attraverso generi, stili e collaborazioni quello di Rudi, un percorso che ha toccato nuovamente l’Italia a novembre, con una tappa anche ai Mercati Generali di Catania giorno 20 del mese. Per l’occasione, Il Cibicida ha avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Mr. Protrudi.
Domanda: Rudi, sono ormai trenta gli anni di attività per la tua band. Chi sono oggi i Fuzztones?
Rudi: Siamo passati attraverso un casino di cambiamenti nel corso degli anni. Venuti fuori a New York nel 1980, ci siamo spostati a Los Angeles nel 1987 e poi a Berlino nel 2005. Per strada abbiamo subito un’infinita serie di sostituzioni nella nostra line-up, continuando nel frattempo a pubblicare album e ad andare in tour ogni anno. L’attuale line-up è composta da tre ex membri dei Bonniwell Music Machine, che negli anni ’60 sono stati una grande fonte d’ispirazione per me. Infatti, ho incontrato la nostra tastierista, Lana Loveland, e il bassista Fez Wrecker quando loro suonavano coi Bonniwell, nel 2003. Il nostro chitarrista, Lenny Svilar, ha suonato anch’egli nei Music Machine nel 2004. Il batterista Rob Louwers ha suonato con Link Wray e Q65. L’americano Vince Dante, altro chitarrista, ha invece suonato coi Fuzztones negli ultimi sei anni, seppure a fasi alterne.
Domanda: Durante la tua carriera hai suonato con tantissimi musicisti. Chi è stato il compagno ideale e perché?
Rudi: Credo sia Lana Loveland, mia partner nel crimine. Siamo diventati una prolifica macchina da “songwriting”, e inoltre ci prendiamo cura insieme della maggior parte degli affari della band. Lei pubblicherà a breve un suo album solista per la Groovy Records.
Domanda: Ci sono artisti con cui vorresti lavorare?
Rudi: Diciamo che sono già stato molto fortunato ad aver lavorato con un sacco di musicisti che ammiro, come Sean Bonniwell (Music Machine), Arthur Lee (Love), Sky Saxon (Seeds), Mark Lindsay (Paul Revere & The Raiders), Craig Moore (Gonn), Wally Waller (Pretty Things), James Lowe (Electric Prunes), The Chocolate Watchband, Davie Allan (The Arrows), Esquirita, Peter Stampfel (Fugs, Holy Modal Rounders) e il mio favorito, Jay Hawkins. E poi Ian Astbury, 69 Eyes, Marky Ramone e Nikki Sudden. Mi piacerebbe fare qualcosa con Iggy Pop e forse con Jerry Lee Lewis.
Domanda: Punk, garage, country, rock o cos’altro? Qual è la definizione migliore per definire il vostro sound attuale?
Rudi: Direi che attualmente è molto più “psichedelico” che altro, ma ci sono ancora un sacco di elementi “garage”. Siamo stati fortemente influenzati da band degli anni ’60 che erano musicalmente molto più avanti del tipico sound garage che ognuno conosce. The Strawberry Alarm Clock, Music Machine, Love, Pretty Things e Doors, per esempio.
Domanda: Nel lavoro, cosa vuol dire per te “libertà”?
Rudi: La libertà è un’illusione, anche nella musica. Se stai lavorando con altri musicisti devi scendere a compromessi. Se lavori con promoter, agenti di booking, etichette discografiche o proprietari di club, devi scendere a compromessi. Non credo ci sia qualcosa come la “libertà”, bensì diversi livelli di compromessi. Anche se io provo a farne il meno possibile.
Domanda: Fra quelle in cui sei stato, quale città ti ha ispirato maggiormente?
Rudi: Il pubblico in Italia, Spagna e Grecia è sempre il migliore, appassionato ed entusiasta, il migliore al mondo. Non credo di poter citare una sola città, in questi Paesi è sempre tutto perfetto.
Domanda: Cosa puoi dirci riguardo “Preaching To The Perverted”, il vostro prossimo album?
Rudi: E’ il primo album che facciamo, fin da “In Heat” del 1990, contenente soltanto materiale inedito. E’ un po’ più avanzato rispetto ai lavori precedenti, più avventuroso, anche dal punto di vista testuale. Abbiamo registrato l’album in analogico piuttosto che in digitale, il che gli ha conferito un sound più caldo, come nei vecchi album. Questo disco racchiude ogni aspetto del garage psych, passando per il garage soul fino ad arrivare al garage folk rock e al lounge psichedelico.
* Foto d’archivio
A cura di Emanuele Brunetto