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Giardini Di Mirò – “Punk… not diet? Un disco barocco”

Giugno 2006: Il Cibicida è lieto di presentarvi il lungo resoconto del dialogo virtuale avvenuto con Corrado Nuccini, chitarrista dei Giardini Di Mirò, band fra le più apprezzate dell’intero panorama alternativo italiano. Cos’è oggi il post-rock? Come si evolverà la musica del gruppo? Come lavorano i Giardini Di Mirò? A queste ed altre domande ha dato risposta il disponibile Corrado.

Domanda: Perchè secondo te alcune band, più o meno alla fine degli anni ’90, hanno deciso di fare fuori il cantato e frantumare i tradizionali concetti di band e canzone, dando inizio al filone di quel rock strumentale meglio detto post-rock?
Corrado: I gruppi post che a me piacciono di più e che ascolto ancora, Godspeed You Black Emperor, ad esempio, hanno espresso l’inquietudine di fine millennio. Qualcosa di esteticamente legato all’apocalisse, alla fine del mondo. In questa mia personale lettura delle cose ritrovo una coerenza tra queste band che ad un certo punto hanno abbandonato la voce per approdare a forme strumentali… In questo mondo “del giorno dopo”, non c’è più spazio per la voce. Non ci sono cose da dire perchè quel silenzio è già il messaggio “escatologico” più forte.

Domanda: Ormai la definizione post-rock è tra le più inflazionate in assoluto, la si usa molto e spesso molto male. Cos’è oggi il post-rock? Sentite di esserci in qualche modo dentro a questo variegato calderone, o forse di esserci stati in passato?
Corrado: Nei calderoni ci si sta sempre stretti o quantomeno contro voglia. Quindi i Giardini non si riconoscono nell’ammucchiata del post rock, se non altro per rivendicare una propria identità più complessa e contaminata. Almeno per quello che siamo oggi. Per il resto dire cosa sia il post rock è molto complesso visto che non sono un teorico dei fenomeni musicali. Come osservatore esterno dico che oggi mi sembra, ahimè, solo uno standard musicale che produce manierismi rinnegando in parte il desiderio di esprimersi in forme evolutive rispetto alla struttura canzone. I Giardini, d’altro canto, non possono negare il fatto di aver vissuto l’esplosione del fenomeno in maniera appassionata, poichè quell’epoca è coincisa con quel periodo dove la musica è la principale via conoscitiva della realtà. Quando, romanticamente, si interpreta tutto alla luce di una canzone o di un disco. Una storia d’amore, un viaggio in treno, un amico che non c’è più. Poi si passa (fortunatamente?) ad un rapporto più adulto nei confronti dell’esposizione emotiva alla musica. Tirando le somme: non rinneghiamo la definizione post rock ma non ci rappresenta più. Anche in senso generale è forse superata. Di sicuro lo è per noi.

Domanda: I Giardini Di Mirò si sentono indie nell’accezione più classica e pregnante del termine?
Corrado: Guarda, continuiamo a parlare di categorie musicali. In definitiva i Giardini Di Mirò possono essere tutto ed il contrario di tutto, anche hip hop, visto che ho scritto alcune cose per Sole (Anticon) e nel nostro disco NATO c’è un pezzo con Siaz (MC belga di band come Caveman Speak e Zucchini Drive). Io e Jukka abbiamo scritto cose per Zucchini Drive, album hip hop dove si alternano diversi produttori tra i quali Marcus Acher, Alias e Styrofoam. A parole siamo post-rock, indie, art-rock, hip hop, house, electro, acustici, noise, strumentali, ambient, massimalisti. A conti fatti siamo Giardini Di Mirò. So che è un pò pretenzioso, ma dopo diversi anni di attività ci teniamo ad essere considerati come una individualità a prescindere dalle categorie che non snobbiamo ma che non possono mai rappresentarci a pieno.

Domanda: E’ possibile che, con “Punk… Not Diet!”, ci sia stato da parte vostra una sorta di “ritorno all’ordine”? Il riferimento è alla presenza di brani con parti vocali, alla maggiore brevità dei pezzi e ad un forte avvicinamento alla classica forma canzone.
Corrado: Pur rispettando la tua lettura credo che “Punk… Not Diet!” sia un disco complesso, fondamentalmente barocco. La complessità si esprime abbondantemente negli arrangiamenti, nelle sfumature, nei mille respiri. Leggevo in questi giorni una intervista ad Enrico Palandri, autore di Boccalone, hai presente? Ecco, afferma: “Quando vedo i giovani ho la sensazione di vedere una generazione barocca, cioè una generazione in cui c’è un improvviso vuoto, etico e morale, non ci sono grandi riflessioni o grandi progetti sulla realtà; un vuoto, nel quale hanno acquistato un grande peso, una grande importanza le mode e gli stili. Proprio come nel barocco, c’è una segmentazione della società che avviene attraverso gli stili”. A parte il fatto di condividere o meno la presenza del vuoto morale di cui parla Palandri di sicuro il suo pensiero ci riporta alla discussione fatta fin qui sugli stili e i generi. Oggi è un po’ tutto barocco perchè espressione di una realtà che non è più intellegibile attraverso macrostrutture o schieramenti precisi. Non si è solo rock o solo pop. Ogni cosa mostra il suo lato complesso. Per tanto quello che rilevi tu è un ordine apparente, di facciata. Sotto c’è il solito guazzabuglio di sensazioni emozioni e passioni, stili, dischi che amiamo, generi musicali, pop, rock, classica, jazz.

Domanda: Le “novità” di “Punk… Not Diet!” (sessione di archi, uso maggiore dell’elettronica, etc.) saranno una costante anche del prossimo lavoro o rimarranno episodi isolati?
Corrado: No no… nulla è mai un episodio isolato… tutto ha conseguenze e tutto porta a sviluppi nuovi. Sbaglio?

Domanda: “Pet Life Saver” è un brano semplicemente stupendo, e la voce di Matteo Agostinelli sembra si addica alla perfezione alla vostra musica. C’è la possibilità in futuro di rivedervi lavorare insieme? Giardini Di Mirò e Yuppie Flu sono probabilmente le due migliore realtà indie italiane, e non è forse un caso che facciano entrambe parte della Homesleep…
Corrado: Grazie! “Pet Life Saver” è un pezzo riuscito, ne avevamo consapevolezza sin da subito. Però ora fa parte di un periodo musicalmente superato. In ogni caso ora non c’è in progetto nulla anche se Matteo è un amico ed un musicista stimato e stimabile pertanto sarebbe bello fare qualcosa in futuro.

Domanda: I titoli dei vostri brani sono spesso molto lunghi, a volte sono frasi ironiche, altre volte citazioni. Hanno sempre a che fare con le atmosfere che volete creare? Insomma, come vengono scelti? Stessa domanda per quanto riguarda le copertine degli album.
Corrado: Hai detto bene tu, sono frasi ironiche, giochi di parole, citazioni. Vengono scelte attraverso associazioni mentali. Per quanto riguarda le copertine che posso dire? Solitamente lasciamo molta libertà a chi le progetta. Cercando un feeling a priori ed imponendo il minimo possibile. Insomma, siamo la gioia di tutti… 🙂

Domanda: Abbiamo sempre fantasticato su come nasce un brano, un intero album dei Giardini Di Mirò. Quanta improvvisazione c’è durante le prime sessions? O vi date forse delle direttive di lavoro?
Corrado: Avete Fantasticato? Buffo… Beh, usiamo diverse metodologie. Sono però tutte riconducibili all’interno di due estremi. O improvvisazione finche non si trova qualcosa di buono. O scrittura casalinga e definizione delle parti in studio. All’interno di questi due estremi si possono verificare tutte le forme ibride.

Domanda: Siete un gruppo che lavora molto coi remissaggi, con le “alt. version”. A cosa è dovuto ciò? Riascoltando il brano originale trovate sempre qualcosa da togliere/aggiungere/modificare, o magari credete che ogni vostro pezzo possa trasmettere sensazioni diverse a seconda della versione in cui viene proposto?
Corrado: Lavoriamo con le alt. version perchè ascoltiamo tantissima musica e ci piace chiedere delle collaborazioni. Credo che nobiliti la nostra musica e ci metta in contatto con tante realtà che ci fanno crescere.

Domanda: L’esperienza del Tora!Tora! cosa vi ha lasciato? A prima vista sembrate un gruppo molto distante, artisticamente parlando, dagli altri che hanno preso parte al progetto…
Corrado: Specifichiamo: prender parte ad una manifestazione, un festival, un evento non significa condividere con gli organizzatori ogni singolo dettaglio della visione del mondo. Non serve una condivisione ideologica a trecento sessanta gradi. Altrimenti si rischierebbe di andare sempre a suonare davanti a quei dieci amici scelti, con le giuste letture e le scarpe di marca buona. Chiediamoci piuttosto, al di là delle diversità che arricchiscono il prodotto finale, se ci sono dei motivi di causa maggiore che impediscano la partecipazione. Se ad esempio ci chiamassero ad una convention di giovani di Forza Italia declineremmo l’invito senza dubbio alcuno. Non credo che sia il caso del Tora!Tora! e di Manuel Agnelli. Anzi credo che lui sia una bella testa pensante, capace di catalizzare attenzione ed al contempo portare avanti progetti ambiziosi e coraggiosi. Quindi pollice levato per questa attitudine. Che non è neanche troppo distante da quella dei Giardini Di Mirò. Poi probabilmente facciamo parte di due generazioni musicali diverse. Quindi è normale che ci siano elementi di diversità che però non costituiscono elementi d’ostacolo.

Domanda: Nel ’97 Stuart Braithwaite, leader dei Mogwai, ha detto: “La nostra unica arma è l’istintività. E’ per questo che non ci sentiamo assolutamente ‘intellettuali’ né pretendiamo d’essere artisti”. Pensi sia un concetto valido anche per voi?
Corrado: Questa frase è contraddittoria. Per quanto capisco che il discorso vada contestualizzato credo che l’istintività sia alla base di ogni processo artistico. Ed ogni processo artistico è un atto dell’intelletto. Per cui dire siamo istintivi non intellettuali è un po’ discutibile. Di sicuro loro non s’atteggiano, ma questo è qualcosa di distinto dal processo creativo o artistico. Io non mi sento così intellettuale da farne un vanto, ma non ho neanche tutti questi problemi al riguardo. Nel senso che ho un cervello e provo a non maltrattarlo. Anzi quando posso lo uso. Perchè alla fine è meglio intellettuali che berluscones. Meglio artisti che leghisti. Meglio passionali che Ricucci.

Domanda: Ultima domanda di rito: se ti dico Cibicida cosa ti viene in mente?
Corrado: Beh. Tu. 🙂

* Supporto a cura di Riccardo Marra
* Foto d’archivio

A cura di Emanuele Brunetto

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