26-12-05: Ci troviamo nel piano superiore de La Cartiera di Catania. Giovanni Gulino con la sua coppola incastrata in testa e Carmelo Pipitone dalla capigliatura folle ci hanno dato l’ok per un’intervista solo a patto di un paio di birre a testa. Vederli incrociare i pensieri, completarsi, contraddirsi e giocare con la loro intesa è divertente e stimolante. Quello che balza immediatamente agli occhi è che il soggiorno a Bologna prima, ed a Milano ora, non ha frenato una sicilianità che va decisamente oltre l’accento marsalese e la coppola di Giovanni. Così, seduti a tavolino e birre in mano, chiacchieriamo sull’ultimo disco fresco d’uscita “C’è gente che deve dormire” e sul percorso artistico dei Marta Sui Tubi giunto ad una fase importante.
Domanda: Dunque, partiamo subito dal titolo del vostro ultimo album: “C’è gente che deve dormire”. Noi vi domandiamo: quanta gente c’è che dorme? Quanta perché forse anestetizzata? L’attuale scena del rock italiano riesce a svegliare e a disturbare l’inquilino di sotto?
Carmelo: Vedo che hai colto perfettamente il senso del titolo, è proprio quello a cui si ispira il disco! E cioè di quelle persone che a un certo orario devono andare a dormire, giustamente, aggiungo io. Ma noi abbiamo il difettuccio di comporre durante la notte. Perché la notte ispira sempre. Così nel condominio già dopo le 21, anche se sposti solo una sedia, ti citofonano immediatamente magari strillandoti “E allooora pirla, c’è gente che deve dormire!!!”. A noi è capitato moltissime volte, per questo abbiamo deciso di chiamare così l’album. Comunque apprezzo molto che hai letto tra le righe.
Domanda: Però hai schivato il senso concettuale della domanda: il rock riesce a svegliare?
Carmelo: Il rock disturba e fin quando ci riesce è una cosa buona, il rock non deve essere accettato perché non è per tutti. Deve disturbare, questo è quanto.
Domanda: “C’è gente che deve dormire” appare come un album più languido, forse triste. E’ la conseguenza del grigiore di Milano su due marsalesi?
Giovanni: Credo proprio di no. Vedi, diversi pezzi di questo disco sono stati composti addirittura prima di “Muscoli e Dei” o, comunque, durante la sua lavorazione a Bologna. Quindi in generale mi pare che l’ambiente milanese sia stato ininfluente. Certo Milano non è poi così solare, quindi magari qualche sfumatura o qualcosa d’inconscio sarà finito dentro, non ti so dire.
Carmelo: Tra l’altro abbiamo per le mani dei pezzi, per il prossimo disco, che sono stati scritti, suonati e concepiti a Milano e che sono folli e tutt’altro che languidi.
Giovanni: “C’è gente che deve dormire” è pieno zeppo di una spiritualità innata. Noi gli abbiamo voluto dare un taglio più introspettivo, umorale, e brani come “Cenere”, “31 Lune”, “L’abbandono”, rappresentano lo scheletro di questa struttura.
Domanda: Dopo aver ingaggiato in pianta stabile Ivan Paolini alla batteria, pensate di poter crescere ancora di numero?
Giovanni: Al momento ritengo proprio di no. Nell’ultimo disco hanno partecipato molti bravi artisti. Ognuno di loro ha portato il suo eccezionale bagaglio artistico, ma vedi, rimangono collaborazioni comunque rilegate a livelli di marginalità o arrangiamento. I pezzi sono sempre nati da improvvisazioni tra me e Carmelo. Il resto può certo arricchire, ma rimane supplementare.
Carmelo: Ed io aggiungo che il prossimo disco potrebbe essere ancora più minimale. Comunque siamo in tre e vogliamo rimanere in tre.
Domanda: Hai anticipato e già risposto negativamente alla mia prossima domanda. Volevo sapere se avevate in mente un album in chiave elettrica…
Carmelo: Guarda io ti posso dire che la chitarra elettrica non la so suonare (ridiamo), eventualmente si può provare con un distorsore per una chitarra acustica. Un po’ come in “L’amaro amore”, dove suono la mia acustica con un pedalino distorto che rende il tutto molto psichedelico. In generale siamo aperti a 360 gradi rispetto a sperimentalismi.
Giovanni: Però c’è da dire che la fisionomia delle nostre canzoni è sempre la stessa, non può cambiare. Mutano piuttosto gli ingredienti. Un po’ come una persona: può essere magra, bassa, grossa, la puoi vestire come vuoi, che so, ci puoi mettere un costume da bagno, un cappello, puoi tagliare i capelli, ma l’importante rimane la sua essenza non la forma.
Domanda: Domanda per Giovanni: la scrittura è quasi sempre ispirata da un autore, tu hai una guida, per così dire, spirituale?
Giovanni: Moltissimi, nella letteratura, nel cinema. A me piace prendere appunti, in giro per strada. Fissare e ricordarmi le cose che mi hanno suscitato un certo patos. Può essere la tua donna che dice delle belle parole, può essere una discussione al bar, la frase di un film, la pagina di un libro. Poi, ovviamente, c’è l’elemento interiore che è il trampolino di lancio della creatività: tutto quello che forma la tua essenza come artista viene fuori in maniera inconscia, e questo, insieme ai brandelli letterari che dicevo prima, partecipa alla creazione di una canzone.
Domanda: Cosa vi manca di Marsala, della Sicilia?
Carmelo: Pensi sempre alle tue origini, noi siamo palesemente siciliani e marsalesi, ce l’abbiamo dentro. Comunque ci piace tanto stimolare le altre realtà, è bello che c’è gente in Veneto o che so, in Trentino, che canta i tuoi pezzi.
Domanda: Ma credete che la vostra sia una musica siciliana?
Carmelo: No, abbiamo un background variegato che va dalla musica classica a robe più sperimentali. Certo, ogni tanto ci marciamo sopra sulla sicilianità. Tipo a Udine abbiamo suonato “’U vinuzzo ti piace”: una canzone allegorica totalmente in siciliano. D’altronde la gente se l’aspetta un po’, lo stereotipo è divertente da assecondare ogni tanto.
Giovanni: E poi siamo noi che ci sentiamo siciliani, non è una percezione degli altri. Sciascia diceva che il siciliano vede tutto quello che c’è fuori dall’isola come una bizzarria. Qualcosa che non è collegato con una realtà vivibile. E questa è una critica che ci dobbiamo fare anche perché noi siamo l’esempio lampante di quanto ci sia di buono nel resto d’Italia. Siamo stati accolti sempre magnificamente dovunque siamo stati a suonare.
Domanda: Qual è il vostro rapporto col cinema? E’ strano, ma pensando a voi ci viene in mente il cinema di Ciprì e Maresco, voi direte, perchè? Magari per l’approccio commerciale…
Carmelo: Uno dei nostri sogni in assoluto è riuscire a musicare un loro film o fare un video assieme! Sarebbe eccezionale e gratificante a livelli estremi. Io li accosto tranquillamente a Pasolini, Fellini.
Giovanni: Ciprì e Maresco fanno qualcosa che nessuno si sogna di riprendere e di mettere a fuoco. Loro lo fanno, con lucidità, ironia, intelligenza, e la cosa assurda è che viene percepita non come una ricerca ancestrale sulle origini dei comportamenti di un certo popolo, ma solo come elemento fastidioso e grottesco. In tutti i casi non c’è niente di neanche lontanamente simile nell’intera cinematografia internazionale.
Domanda: Facciamo un passo indietro, nel primo album spiccano due canzoni come “Vecchi difetti” e “Le cose cambiano”. Ad oggi quali sono le cose che sono cambiate e i vecchi difetti che vi siete portati sin qui?
Carmelo: Cioè… i vecchi difetti che ci siamo… ehm… beh sicuramente non possiamo smettere di bere, questo è un vecchio, vecchissimo difetto. Quindi parli dei nostri scheletri nell’armadio… ehm… il nostro scheletro di tonno… come diceva un consigliere siciliano, anni fa… lasciamo perdere… ehm… beh, mi stai mettendo in difficoltà con questa domanda lo sai? Difetti forse la carie, i capelli che mancano, la barba da tagliare…
Giovanni: Carmelo, ma stai parlando delle cose che cambiano o dei vecchi difetti (ridiamo)?
Carmelo: Le cose cambiano quindi sono vecchi difetti che si ripropongono (ride) o forse sono i vecchi difetti che cambiano.
Giovanni: Ahhh, appunto. I vecchi difetti si evolvono insomma.
Domanda: La scorsa stagione abbiamo intervistato Moltheni. Lui vi ha fatto una pubblicità spaventosa, sapete? Che ne pensate del suo ultimo “Splendore Terrore”?
Carmelo: E’ l’evoluzione dell’artista. Una lavoro molto introspettivo. Noi infatti ci chiedevamo perché ogni cosa deve essere esposta, ma Umberto ha avuto il talento di scrivere un disco molto intimo, ma protetto, allo stesso tempo, dall’ermetismo dei suoi testi.
Giovanni: E’ riuscito a fare un ottimo album indipendente. Lui è un grande artista, l’abbiamo conosciuto a Bologna, qualche anno fa, e siamo diventati amici prima di stimarci come musicisti. Credo sia una persona coraggiosa, piena di idee e, soprattutto, non s’abbatte se un disco va male perché lui è mosso solo dallo scrivere canzoni. Insomma un artista vero.
Domanda: Siete ancora in contatto con Marta? Sta più o meno ancora sui vostri tubi?
Giovanni: Marta ce la scopiamo ogni volta che torniamo in Sicilia, ma stavolta assieme e non uno per volta (ridiamo)…
Domanda: Chiudiamo con una domanda diventata ormai un cult: se vi diciamo Cibicida, cosa vi viene in mente?
Giovanni: Una specie di cinghiale omicida, un animale inferocito che ti punta.
* Supporto a cura di Emanuele Brunetto
* Foto a cura di Emanuele Brunetto
A cura di Riccardo Marra