Dicembre 2008: “Donna meravigliosa in un corpo di uomo dell’ottocento”. Si guarda allo specchio e si vede così Paolo Benvegnù. E certo gli scatti fotografici che lo immortalano in smoking con una clessidra sul palmo della mano, o anche la versione capitano di vascello in mezzo al mare nel videoclip de “Il Nemico” non fanno altro che impastare ancor di più l’iconografia romanticissima che il cantautore vuole per sé. Un musicista denso, Benvegnù, dalle liriche impregnate di passione ma mai scontate, dove l’amore cantato è martoriato da spine e complicato dai rapporti. Oggi la sua poetica porta il nome di “Le Labbra”, il disco uscito la scorsa primavera che l’ex Scisma sta portando in giro per tutta l’Italia quasi senza sosta.
Domanda: Paolo, perché “Le Labbra”?
Paolo: Le labbra incominciano quando finiscono le parole. Vorrei essere gesto. Vorrei non dovere parlare per forza. Si tratta di essere. Non di dire come si è.
Domanda: Una volta dicesti di voler realizzare una “Trilogia del tessuto”. Di che si tratta?
Paolo: La “Trilogia del tessuto” non è mai esistita come nemmeno l’ipersensibilismo. Non è vero nulla, ma stupisce come una cosa inventata da me per gioco poi possa diventare un’etichetta. E ho inventato questa boutade prima ancora che esistesse Wikipedia. Poi, è vero che sono sensibile, ma non più di altri. Come un bambino. Erano boutade per vedere chi crede a cosa. Poi, in realtà si può dare un nome a tutto ed una spiegazione. Ma resto convinto che la verità stia nei cani. O negli alberi.
Domanda: Nel disco racconti storie di uomini e donne intrecciati in relazioni spesso complicate, viscerali. Sono irrimediabilmente così complessi i rapporti di coppia?
Paolo: No. Nessun rapporto è complesso se non si mente a sé stessi. Se si è liberi e saldi in sé. Il problema è che spesso non si è liberi e tutto diventa difficile e complica l’abbraccio, la carezza, il volersi. Ma è una sindrome che coinvolge ogni rapporto interpersonale. Non solo i rapporti di coppia. Così si discute. Ci si dimentica. Si ama per rimpianto. Invece è tutto qui, per dirla alla Vasco Rossi cantato da Irene Grandi…
Domanda: “Un taglio di rasoio sulle tue parole” canti in “Amore santo e blasfemo”. Quanta fatica emotiva provi quando scrivi i tuoi testi?
Paolo: Non ci deve essere nessuna fatica emotiva, ma solo gioia anche se parli di furti, stupri, di inganni. Scrivere è gioia, suonare è gioia. Anche se scrivi cose terribili. Che in questo caso sono vere. Io non immagino più. Vivo e scrivo. Ma più spesso vivo. E ringrazio i miei compagni che si sentono vestiti dalle parole, così come io mi sento vestito da ciò che suonano. Sono solo un cantante di un gruppo che scrive sentimenti di gruppo.
Domanda: C’è una caratteristica che segna il disco, la densità. Nella miscela di chitarre, armonie e della tua voce. E’ un aspetto a cui hai lavorato specificatamente?
Paolo: No… non lavoriamo mai ad uno specifico obiettivo. Lasciamo che tutto venga il più possibile naturale, alle volte riesce. Altre no. E’ vero, “Le Labbra” è un disco denso. Come ciò che scrivo ora è più denso di ciò che potrebbe scrivere L’Aura. Dipende dal vissuto, dalla passione, dal fatto che sono una donna meravigliosa in un corpo di uomo dell’ottocento. A me piace la densità specie nel nulla odierno.
Domanda: Dopo “Piccoli fragilissimi film” questo pare un altro lavoro decisamente “cinematografico”. Che film sarebbe quello uscito da un tuo disco?
Paolo: Mi piace pensare ad un mediometraggio documentario che mostra la strada che gli occhi agognano. Si ferma in un circolo di anziani. E al posto di raggiungere il proprio desiderio, gioca a carte e sorride.
Domanda: Viceversa, per quale tipo di film ti piacerebbe scrivere una colonna sonora?
Paolo: Avrei voluto scrivere musica per un film storico fatto da Zavattini regista. Ma suppongo che sia impossibile.
Domanda: Hai suonato “Le Labbra” dal vivo molto spesso di recente. Soddisfatto del risultato? La tua band non viene citata spesso, ma credo abbia una qualità live enorme…
Paolo: “I Paolo Benvegnù” sono: Andrea Franchi, Guglielmo Ridolfo Gagliano, Igor Cardeti, Luca Baldini e Michele Pazzaglia. Paolo Benvegnù è il cantante ed è il pezzo meno pregiato, lo assicuro. Dal vivo esistiamo. Meglio, peggio. Ma esistiamo in verità. Non siamo dopati da nulla. Entriamo in una stanza e l’energia cambia. Come succedeva a Brigitte Bardot.
Domanda: Dopo l’esperienza major con gli Scisma, sei tornato all’indipendente. Tanto, nella condizione attuale del mercato discografico, cambia poco no?
Paolo: Sono, siamo tornati all’indipendente perchè nessuno ci voleva. Essere indipendente è uno stato di vita. Non certo lavorativo, tanto meno in questo campo. L’indipendenza, la libertà, fa in modo che nessuno si fidi. Perchè la libertà di un uomo tocca e spaventa la non libertà degli altri. Detto ciò. Non cambia nulla. Se sei bravo resti. Se sei figo fingi. Se sei bravo e figo sei Bugo.
Domanda: Senti in qualche modo il peso dell’eredità cantautorale italiana? In “14-19” hai suonato una cover di Modugno…
Paolo: Io non sento nessun peso. Ma se mi viene da cantare penso al sole di maggio e a ciò che ascoltavo da bambino. E allora c’erano i cantautori. E gli autori. Ora ci sono i Dari. E prima di loro Camerini, venticinque anni fa. O i Righeira. Chi ha più peso, secondo te? Ah… e Dario Baldan Bembo.
Domanda: Leggevo da qualche parte che hai definito quello degli Scisma, uno scioglimento per troppo amore. Ma l’amore potrebbe portarti a rispolverare quella storia?
Paolo: No… ovviamente no. Solo se ami veramente riesci a lasciare libero. E gli Scisma sono liberi nella loro diversità. Era un gruppo. Un progetto nato per obiettivi. Finiti quelli… ognuno per se stesso. Una storia onesta. Così poco italiana.
Domanda: Da produttore artistico, tastaci il polso della scena musicale italiana d’oggi…
Paolo: C’è il talento. C’è l’idea. Manca un poco la vita. Perchè purtroppo, da sempre, si immagina e poco si vive. Ci sono tremila gruppi meravigliosi. Alcuni non così meravigliosi ma impegnati. Altri che suonano come giocare alla playstation. Va tutto bene. Va tutto bene. Nel più astuto rituale del rock and roll. Ci sarà ancora chi parla di pane e chi parla di cazzo per intendere amore. Baby Blue, Muriel, Moleskin,Vandemars, Altri cento. Questi i nomi.
Domanda: Avverrà mai una collaborazione tra te e Morgan? Una specie di “Piccoli film nell’appartamento”…
Paolo: Non saprei. Non penso che possa accadere. Marco (Morgan), è molto più bravo. L’unico intellettuale in senso ampio che la musica italiana abbia in questo momento. Io al primo guado. E’ distante. Ma gradisco e sorrido nel vedere la sua schiena ondeggiare. Mentre guardo l’orizzonte.
* Foto d’archivio
A cura di Riccardo Marra