Dall’universo infinito di “No Man’s Sky”, loro ultima eccellente apparizione discografica, atterra a Roma la navicella dei 65daysofstatic. Forte di un seguito di appassionati supporter, il quartetto picchia giù duro senza esclusione di colpi, pescando bene dal mazzo di un’avventura ormai più che decennale. Ma non corriamo troppo.
In apertura, puliti e precisi, ci sono gli inglesi Thought Forms. Suonano – bene – per circa mezz’ora, riempiendo la sala col loro mix di shoegaze, post rock e stoner. Si pesca principalmente da “Songs About Drowning”, l’uscita più recente; titolo azzeccatissimo e propedeutico alla serata. Ad affogare, letteralmente, saranno di lì a poco gli spettatori con l’ingresso di un main act in forma smagliate.
I 65daysofstatic cominciano il set con Monolith e Asimov – soltanto due tra gli episodi di questa nuova, pantagruelica o.s.t. che troverà altri appigli nelle bellissime Supermoon e Heliosphere. Il pubblico si scalda soprattutto, naturalmente, con le vecchie glorie inossidabili di Prisms, della strappalacrime Radio Protector e delle bomba iper-catartica Install A Beak In The Heart That Clucks Time In Arabic. Ma forse l’apice arriva con l’encore: un dai e vai di spettacolare intensità, aperto da Crash Tactics e chiuso dal classicone Retreat! Retreat!, che agita gli animi sottopalco per l’ultima volta, stanotte.
La band di Sheffield mostra una linea perfetta e la solita attenta, micidiale predisposizione all’esplosione on stage. Una resa sicura come mettere i soldi in cassaforte. E poi piazzarla su uno shuttle, lanciarla in cielo verso mondi lontanissimi e interminabili.
SETLIST: Monolith – Asimov – Prisms – Install A Beak In The Heart That Clucks Time In Arabic – The Undertow – Supermoon – Sleepwalk City – Heliosphere – Unmake The Wild Light – 541 – Radio Protector – Safe Passage —ENCORE— Crash Tactics – Retreat! Retreat!