Indovinello estivo: quante band, oggi, possono permettersi il lusso di salire su un palco, proporre una scaletta composta per nove sedicesimi (bis a parte) da brani tratti da un nuovo disco (pubblicato non più tardi di due mesi prima) ed essere accompagnati dal pubblico che conosce già i testi a memoria? Pochi, pochissimi. Ciò dovrebbe portare a fare delle riflessioni ad alta voce, non solo sul livello d’incisività degli Afterhours sul mercato discografico italiano che, quale che sia la piattaforma di riferimento, sembrerebbe esistere ancora, ma soprattutto – e lo sottolineiamo – sul solco profondo che un album come “Padania” può lasciare, a prescindere dal dato anagrafico, nell’animo di chi lo ascolta.
Un set duro, che non lascia spazio a pause o sbadigli. La sintonia tra gli strumenti è a limite della perfezione. Il sestetto offre un caos chitarristico, ora domato dal violino di Rodrigo D’Erasmo e dagli arpeggi di Roberto Dell’Era, ora messo a tacere dalla perentorietà dei piatti di Giorgio Prette. E’, con molte probabilità, la migliore formazione degli Afterhours, ingigantita dalla versatilità del ritrovato Xabier Iriondo e dalla compostezza di Giorgio Ciccarelli, con i quali l’ottimo Manuel Agnelli dà vita ad una danza dello scorpione in equilibrio su diciotto corde che trova l’apice in pezzi come Male di miele, E’ solo febbre e Spreca una vita.
E’ anche il battesimo di fuoco per la Cavea del Nuovo Teatro dell’Opera, vero e proprio gioiello architettonico, concepito come spazio per e della cultura, in piena controtendenza rispetto alla statica diffidenza, tutta italiana, nell’investire in opere di tale spessore. Il risultato è un cuscino di marmo che accoglie soavemente il tormentato sound della band milanese, ogni qualvolta che questo s’infrange lungo le gradinate che sovrastano la struttura, senza che un solo sospiro si disperda nell’aria.
Unico neo della serata un blackout che – nel bel mezzo dell’esecuzione di Bungee jumping – costringe Agnelli e soci ad una sosta forzata di qualche minuto. Una volta sistemato il tutto, i nostri ripartono da dove si erano fermati, come se nulla fosse successo. Agnelli ironizza sull’accaduto dicendo che in realtà era una scusa per sapere se i bambini a casa stessero bene. Poi, con un sorriso lieve disegnato sulle labbra, invita i fiorentini ad intonare con lui le strofe de Il paese è reale, ed è da brividi.
SETLIST: Metamorfosi – Terra di nessuno – La verità che ricordavo – Male di miele – Costruire per distruggere – Spreca una vita – Padania – Ci sarà una bella luce – Ballata per la mia piccola iena – E’ solo febbre – Bungee jumping – Il paese è reale – Sulle labbra – Nostro anche se ci fa male – Io so chi sono – La terra promessa si scioglie di colpo —encore— Tutto fa un po’ male – Vedova bianca – Bye bye Bombay —encore 2— Pelle – Quello che non c’è – Posso avere il tuo deserto? —encore 3— Voglio una pelle splendida
A cura di Vittorio Bertone