Usciti lo scorso anno con un omonimo dirompente esordio che li ha resi uno dei casi discografici dell’intero 2015, gli Algiers arrivano per la prima volta in Italia con l’estate già moribonda, un po’ in sordina, nonostante le vagonate di consensi riscossi nel corso di mesi e mesi di tour e le presenze racimolate nelle line-up dei festival più importanti del globo. Ma si sa, in Italia stiamo sempre un po’ a inseguire, ci piace guardare le spalle degli altri mentre questi si danno alla fuga.
Al Circolo Magnolia per il bis della data all’Hana-Bi di Marina di Ravenna della sera prima, per gli Algiers il pubblico non è affatto quello delle grandi occasioni (forse un paio di centinaia i presenti) e, un po’ a sorpresa, gli viene infatti riservato il palco “piccolo” della location milanese. Male, malissimo per chi ha deliberatamente scelto di non esserci, perché Franklin James Fischer e i suoi sciorinano un’ora e venti di mistioni sonore che confermano la bontà di un debutto sorprendente.
Sul palco la band riesce a trasporre in modo perfetto la sensazione di trasversalità che l’album regala, tra chitarre, synth e laptop che contribuiscono in modo determinante a una resa sonora più che variegata. Prendi l’afflato vagamente industriale di Irony. Utility. Pretext. che spezza a metà la setlist e d’un tratto catapulta la platea in una dimensione “altra” che esula dalle coordinate principali degli Algiers: gospel (Blood), new wave scurissima (Old Girl), pattern elettronici à la Depeche Mode (And When You Fall) e quei continui rimandi alla musica nera rivisitata che in Black Eunuch e Remains esplodono in tutta la loro prepotente presenza.
La voce di Fischer è cangiante, specchio dell’intero progetto Algiers, alterna bassi e falsetto, poi imbraccia la chitarra, siede alle tastiere, preme tasti vari ed eventuali e fa persino qualche piroetta di jacksoniana memoria, concentrando nella sua persona l’identità di una band che, attualmente, è un unicum nel panorama mondiale. Ryan Mahan, bassista e tanto altro, pare indemoniato e si colpisce con la mano destra sul petto per l’intera durata del live, il chitarrista Lee Tesche è il più “ordinario” dei quattro nonché fulcro del sound degli Algiers, mentre l’ultimo arrivato Matt Tong (ex Bloc Party) alla batteria aggiunge un pizzico di imprevedibilità alla performance. Quattro elementi parecchio diversi fra loro che incontrandosi danno vita a una miscela esplosiva e a un live act di altissimo livello.