Amanda Fucking Palmer (come ama farsi chiamare) visita la Sala Apolo di Barcellona orfana della metá delle “bambole di Dresda”, Brian Viglione, ma portandosi in valigia le canzoni del suo esordio solista “Who Killed Amanda Palmer”, un giovane violinista, London Chester, e una piccola compagnia teatrale australiana, The Danger Ensemble. E’ quanto basta alla cantante bostoniana per riportare i propri fun in quelle atmosfere da Moulin Rouge in bianco e nero che tanto ci avevano fatto innamorare agli esordi dei The Dresden Dolls. Steven Mitchell Wright, direttore artistico della The Danger Ensemble, è il primo a salire sul palco, insieme a London Chester, per annunciare la morte di Amanda Palmer. Qualcuno l’ha uccisa, come dice il titolo del suo album. Inizia cosí il rito funebre, il feretro di Miss Amanda Palmer, per l’occasione avvolta in un vestito dorato e baby doll, viene portato sul palco dai restanti tre membri del gruppo teatrale. La posizionano sul seggiolino di fronte al piano, posto al centro del palco. Il corpo di Amanda si accascia sui tasti bianchi e neri del piano elettrico, le mani sbattono sulle note. Poco a poco il corpo di Amanda riprende vita, e le sue dita schizzano sui tasti, che suonano le prime note diAstronaut. La Palmer tiene il tempo coi suoi stivali neri e trascina il pubblico nei meandri di “Who Killed Amanda Palmer”. Accompagnata solamente dal violino di London Chester, la regina del punk-cabaret propone brani del suo album solista (Ampersand, Strong Through Music, Guitar Hero), vecchi pezzi dei Dresden Dolls (Bad Habit, Coin-Operated Boy), e cover d’autore (My Favouirte Things, tratta dalla colonna sonora del musical “The Sound Of Music”). La performance della Palmer è complementata dall’attuazione della The Danger Ensemble. Mimica, teatro contemporaneo, e molta sensualitá (o meglio dire sessualitá?) rendono lo spettacolo ancora piú attrattivo. La Palmer scherza col pubblico, racconta aneddoti, ringrazia per averla preferita agli Oasis, che allo stesso tempo stanno suonando nella vicina Badalona, si scusa per aver mangiato e bevuto troppo la sera prima. Se col suo esordio solista Amanda Palmer ci ha dimostrato di essere un’artista completa a dispetto delle “bambole di Dresda”, dal vivo la mancanza della grancassa di Viglione si fa sentire, soprattutto per chi ha avuto la fortuna di vedere l’energia live della band. La Palmer se la cava peró con la bellezza della sua voce, la sensualitá, gli ammiccamenti e quel caschetto rosso che le schizza sugli occhi mentre strapazza la tastiera del suo piano. Ma allora, who killed Amanda Palmer? Nessuno, è piú viva che mai.
SETLIST: Astronaut – Ampersand – My favourite thing – Bad habit – Coin-operated boy – Strenght Through Music – Guitar Hero – Oasis – Runs in the family – Have to Drive – Half Jack —encore— Umbrella (cover Rihanna) – Leeds United —encore 2— Creep (cover Radiohead)
A cura di Andrea Venturini