Dopo 10 anni, 6 album in studio, 3 dal vivo e altre varie ed eventuali, abbiamo deciso che la storia doveva arrivare ad un epilogo. Tra noi non c’è animosità, non ci sono drammi in corso, tutti e due sentiamo semplicemente che la nostra corsa è finita… del resto a tutti piace il lieto fine! (Arab Strap)
Se davvero sarà addio definitivo, allora nessun epitaffio poteva congedare in modo migliore la musica triste e sublime degli Arab Strap. Il se è d’obbligo, secondo noi, perché a guardarli lì, gli scozzesi principi di un rock denso e malinconico, che dipingono atmosfere dolci e inquiete sul palco del Circolo Degli Artisti romano, non scommetteresti un euro sulla veridicità della loro già annunciata separazione. No, non sembrava affatto una band alle ultimissime battute: il feeling era forte, l’esibizione non ha patito assolutamente di “brutte arie” né tantomeno di cali d’entusiasmo. Così ci sentiamo di alimentare ancora un po’ la fiammella della speranza di molti fan degli Strap, perché le pause di riflessione ci vogliono – soprattutto dopo dieci anni – ma giovano a tutti anche i grandi ritorni, di quelli che spiazzano e che fanno bene agli appassionati. Un suono di cornamusa e le chitarre graffianti di Stink aprono un set ovviamente improntato sulla riproposizione, a commiato, dei migliori successi dal ’96 ad oggi, giustificato oltretutto dalla prima (e ultima?) raccolta della band: “Ten Years Of Tears”, attualmente negli scaffali dei negozi. Non ci pensano molto gli Strap, si lasciano andare con buona intensità. Aidan Moffat, sornione, camicia scura e barba sempre più gonfia, si scola birre in lattina e maneggia l’asta del microfono. La sua voce è metallica ma dolce e si “arrabbia” poco nonostante i brani Fucking Little Bastards, I Saw You, Dream Sequenze aumentino i toni ed i ritmi, con code strumentali noise di ottima fattura. Moffat gongola sul palco, sorridacchia e dà dei calcetti ai palloncini dondolanti sul palco; il suo comportamento, al solito, è in profonda antitesi con quello del suo gemello in arte Malcom Middleton. Il chitarrista rosso rimane concentrato, per tutto il concerto, sulla sua chitarra ed ogni tanto abbandona lo sguardo in fondo alla sala per cercare il cenno dei tecnici del suono. Pochi sorrisi dunque, per uno dei più interessanti compositori di rock degli ultimi anni, ma nessun tradimento: sono eseguiti, infatti, quasi tutti i brani che “si dovevano fare” per un commiato coi fiocchi: ci sono Piglet, New Birds, Speed Date, Screaming In The Trees eThere Is No Ending. Ma soprattutto c’è il bis finale affidato al folk a due, nel quale Moffat e Middleton, rimasti soli sul palco, hanno emozionato con il palpitante chitarra e voce di Blood e Come Round And Love Me. Dispiacerebbe davvero non vederli più in giro, gli Arab Strap, dispiacerebbe dover fare a meno, ancora una volta, di una band che sa fare grande musica.
SETLIST: Stink – Fucking Little Bastard – Last Romance – I Saw You – Dream Sequence – Pijamas – Who Named The Days? – Piglet – Speed Date – Gilded – New Birds – No Hope – Screaming In The Trees – There Is No Ending —bis— Here We Go – Loch Leven – Blood – Come Round And Love Me
A cura di Riccardo Marra