Cos’è che può differenziare – e fare apprezzare – una band come i Beach House nella dimensione live? I virtuosismi tecnici? No di certo. Una presenza scenica devastante? Mmm, no. Allora cos’altro? Ve lo diciamo noi cosa: l’atmosfera trasognata che riescono a replicare dal vivo così come su disco, corrispondenza tutt’altro che scontata. La sala dei Magazzini Generali è già piena per metà – e si riempirà del tutto – quando alle 21.15 è il momento dell’opener della serata: Marques Toliver si esibisce per buoni venti minuti in un set minimale per violino, tamburello e loop station, dimostrando di avere una certa verve in corpo, cosa che non dispiace a tanti dei presenti nonostante un sound non proprio in linea coi protagonisti della serata.
Loro, i Beach House, salgono sul palco alle 22.00 bollate, col buio che li avvolge. Victoria Legrand si piazza lì al centro con le sue tastiere, Alex Scally su uno sgabello alla sua destra e Daniel Franz, terzo Beach House ma solo dal vivo, alla batteria dal lato opposto. L’apertura è affidata a Wild e si capisce immediatamente quale sarà il leitmotiv della serata, fatto di delicati giochi di luci ad accompagnare la performance della formazione di Baltimora. Luci mai invadenti che lasciano il palco in un costante chiaroscuro che rende persino complicato scorgere il viso della Legrand, posizionata un passo indietro rispetto agli altri due.
La scaletta paga pegno a “Bloom”, l’ultimo lavoro della band licenziato ancora per Sub Pop, e non poteva essere altrimenti. Troviamo così Troublemaker, Other People, la meravigliosa Lazuli, The Hours, New Year e una Myth da applausi che il pubblico non fa mancare. Il tutto intervallato a brani più datati tra cui spiccano estratti dal precedente “Teen Dream” come Norway, Zebra e 10 Mile Stereo, pezzo cui è affidata la chiusura del set principale prima dell’encore. Al rientro dalla canonica pausa, i Beach House hanno in serbo per questa data milanese solo altri due brani: Turtle Island, una “very old song” da “Devotion”, fulgido esempio di cosa voglia dire l’etichetta dream pop; e poi Irene, che dopo ottanta minuti chiude il concerto così come l’ultimo lavoro della band.
Un po’ di scetticismo per la resa live di brani eterei e filtratissimi come quelli dei Beach House era legittimo ma, sorvolando sugli evidenti problemi d’acustica del locale – di cui la band peraltro non ha colpa – il risultato è chiaro: un approccio per quanto possibile più aggressivo, che su disco manca, complice anche la presenza “fisica” della band. Come si diceva ad inizio, infatti, non ci troviamo certo difronte a Mick Jagger, ma la Legrand si dimena elegantemente, mentre Scally non lesina contorsioni sulla sua chitarra, il che contribuisce alla performance.
SETLIST: Wild – Troublemaker – Norway – Other People – Lazuli – Gila – Silver Soul – The Hours – New Year – Zebra – Wishes – Take Care – Myth – 10 Mile Stereo —encore— Turtle Island – Irene
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