Non è sempre necessario farsi domande quando ci si trova ai piedi di un palco. Ancora di più se da sopra si stanno muovendo i Buzzcocks, una delle band più leggendarie (e, sì, probabilmente sfortunate) del punk. E’ di sicuro meglio vederli sprigionare sudore e chilometri e lasciarsi andare al divertimento. Perché? Perché nella storia del rock certi “movimenti” furono essi stessi una risposta (sociale). Perché sarebbe come cercare di tirare fuori la nave dal collo della bottiglia: inutile. Oltretutto, mercoledì sera al Circolo Degli Artisti, non ci sarebbe stato neanche il tempo per mettersi a riflettere sul valore del punk in Inghilterra o su come i Joy Division spazzarono via il nome Buzzcocks dallo scenario di Manchester. Perché Steve Diggle e Pete Shelley, cinquantaquattro e cinquantatre anni portati con spavalderia, hanno deciso di buttarla giù pesante sin da subito. Una cosa è certa, la gente non ha dimenticato i Buzzcocks: non lo hanno fatto quelli coi capelli sbiancati, non lo hanno fatto i “figli minori”, occupati in un imperterrito pogo. Il piatto servito è quello che ha portato la band di Manchester nella storia del rock inglese: i brani dei primi tre dischi “Another Music In A Different Kitchen” (1978), “Love Bites” (1978) e “A Different Kind Of Tension” (1979). Pezzi come Fast Cars, I Don’t Mind, Oh Shit!, Ever Falling In Love, Boredom sono mitragliati dai Buzz senza soluzione di continuità, senza prendere fiato tra una schitarrata e l’altra. Scenicamente Diggle e Shelley sono uno spasso. Il primo è un diavolaccio che sventaglia la sua chitarra come fosse un forcone. La sua camicia forzatamente a pois e i suoi pantaloni bianchi lo congelano a trent’anni fa, e tutto sommato anche le sue “sputazze” che non si conteranno durante tutto il concerto. Shelley è molto più composto, ma canta da dio i suoi rock ‘n’ roll facili facili. La resa è stata perfettamente coerente e senza sbavature, neanche una nota andata persa nel magma sonoro messo su insieme all’aiuto di Tony Barber al basso e Danny Farrant alla batteria. E dunque il pollice per i Buzzcocks è in su. Così senza pensarci troppo, così senza farsi domande che, alle volte, è meglio.
(“Boredom” live @ Circolo Degli Artisti, Roma)
A cura di Riccardo Marra