Quando si dice ad un amico “ti porto a vedere un gruppo fenomenale!”, nella migliore delle ipotesi, alla fatidica domanda post-concerto, (“Beh, com’erano?”, accompagnata da innalzamento sopraccigliare spontaneo) si ottiene uno striminzito “eh, bravini” e, sempre che il culo c’accompagni, si evita il drammatico però. Nonostante ciò, quando mi sono avventurato a presentare come “fenomenali” i Calibro 35 ed ho convinto un nutrito gruppo di amici a venirli a vedere ai Mercati Generali, l’ho fatto con un sorrisetto bastardo… e le mascelle spalancate di fine concerto sono la risposta a chiunque volesse chiedere “come mai?”. I Calibro 35 sono un gruppo tecnicamente esagerato, partito da un’idea geniale, che sarebbe quella di sfruttare l’enorme repertorio della colonna sonora del poliziottesco all’italiana (non storcete il naso: parliamo di pezzi di maestri assoluti come Bacalov, Micalizzi, Umiliani e Morricone) e giunto alla naturale conclusione di scrivere pezzi propri nel medesimo stile, pezzi che non hanno nulla da invidiare a quelli dei maestri citati. Pochi fronzoli, quattro musicisti che badano poco al rock show-barra-carnevalata e che si curano principalmente della musica, fornendo uno spettacolo eccezionale: i pezzi del nuovo album (la cui copertina campeggia, gigante, alle loro spalle) si confermano anche in versione live ad altissimo livello; tra le tante proposte, Massacro all’alba in assoluto ipnotizza la platea, ma anche la più leggera Uh Ah Brrr non sfigura. Il suono live del gruppo è a tratti ferocemente zeppelinian/hendrixiano, a tratti prog, a tratti funkeggiante; in ogni caso decisamente più “pesante” delle controparti su disco. Di Enrico Gabrielli, il “nome noto” della band, credo si siano tessute già le lodi, ma non fa male ricordare che strepitoso polistrumentista sia: si destreggia tra tastiere, effetti, flauto e sassofono con una tranquillità invidiabile. Ma i suoi compagni di band non sono da meno: Luca Cavina al basso provvede a fornire una base ritmica monumentale sulla quale si innesta il perfetto drumming di Fabio Rodanini, lasciando a Gabrielli e Massimo Martellotta, che con i suoi assoli di wah ieri avrà causato non pochi orgasmi in sala, spazio per stupire.
Tra Gangster Story, Notte in Bovisa, Convergere in Giambellino e una pletora di altri pezzi (nonché il consueto spezzone tratto da un gioiellino dell’epoca, un Ferruccio Amendola che presta il suo romanaccio al buon Tomas Milian) la serratissima ora e mezza di concerto vola via in un attimo: unico attimo di respiro per i ragazzi sul palco è la pausa pre-bis, ma per chi stava in sala, ché si gridava “bis!” già all’annuncio dell’ultimo pezzo, non c’è stata pausa: estremamente trascinante la setlist, e bastava guardarsi un po’ intorno per vedere un nugolo di teste ondeggianti a ritmo, quasi in headbang come ai concerti metal, in un’atmosfera quasi religiosa durante i pezzi più “proggy”. Insomma, il mio sorrisetto bastardo si è amplificato alla consueta domanda post-concerto (“Beh, com’erano?” ed all’innalzamento sopraccigliare spontaneo quasi nicholsoniano da “Shining” mi si è formato sulla faccia anche il ghigno malefico del medesimo Nicholson), consapevole del fatto che sarei stato sommerso da aggettivi lusinghieri per la banda Calibro 35. Unico problema, non di certo imputabile ai Calibro, è stato una cassa a tratti malfunzionante, ma, dato il livello del concerto è un problema facilmente dimenticabile. Dimenticate i nomi noti del mondo alternativo italiano, sono i Calibro 35 IL gruppo italiano da andare a vedere, assolutamente.
A cura di Nicola Corsaro