Poco a poco Chris Cornell si sta avvicinando alla dimensione che ogni nostalgico del grunge gli chiede da tanti anni a questa parte: una carriera cantautorale vera e propria, sulla scia di quell’altra mastodontica voce che è Mark Lanegan. Messi da parte i fallimentari sperimentalismi di un disco come “Scream” (2009), già nel 2011 Cornell ha inaugurato col live “Songbook” una scia che fortunatamente non tende ad affievolirsi, fatta di esibizioni in solitario, pressoché interamente acustiche, con estratti dal repertorio di una vita.
Al Teatro degli Arcimboldi va di scena la terza e ultima data in Italia (neanche a dirlo, tutte sold out) del suo “Higher Truth Tour”, giustificato sì dall’ultimo lavoro in studio pubblicato lo scorso anno ma che in fondo è solo il proseguimento di un percorso ormai chiaro. Ad aprire c’è Fantastic Negrito, col suo blues contaminato che si fa apprezzare e non poco da una sala che in breve va riempiendosi, impegnato anche nella cover di quella In The Pines resa celebre da Lead Belly e inevitabilmente associata ai Nirvana dell’Unplugged, giusto per rimanere in tema di assenza di spina.
Alle 21.30 vengono ultimati gli accorgimenti sul palco (con tutte le chitarre schierate in attesa di essere chiamate in causa) e Cornell fa il suo ingresso in un boato che pare persino sorprenderlo. Da qui in poi e per oltre due ore è un viaggio all’interno di una discografia che, nonostante qualche innegabile passo falso, splende di luce propria. Così accanto al materiale solista (compresa Can’t Change Me da “Euphoria Morning” del ’99) c’è tutta una serie di estratti dalle varie band cui Cornell ha prestato la propria inconfondibile pasta vocale, con ovviamente in testa i Soundgarden: non sarà come con la formazione al completo, ma Fell On Black Days, Blow Up The Outside World, l’immancabile Black Hole Sun e Rusty Cage (nella versione johnnycashiana) hanno pure così grosso motivo di esistere, anche perché la voce di Cornell, non più affilata come venti anni fa, si presta decisamente bene allo scopo.
Poi la parentesi Audioslave, rappresentata da Doesn’t Remind Me e I Am The Highway, e infine quella coi Temple Of The Dog, senza mezzi termini il momento più atteso: le sole Say Hello 2 Heaven e Hunger Strike valgono il prezzo del biglietto, impregnate ancor di più del loro significato in questa veste acustica che le spoglia del tutto. Capitolo cover: sono tante, ben arrangiate e danno quel qualcosa in più all’intera performance, da Bob Dylan (una The Times They Are A-Changin’ lievemente modificata nel testo) a Michael Jackson (Billie Jean) passando per Led Zeppelin (Thank You), John Lennon (con l’abusata ma sempre incantevole Imagine) e Beatles (A Day In The Life).
L’encore, affidato alle nuove Josephine e Higher Truth, chiude in discesa un’esibizione in cui Cornell, coadiuvato solo in alcuni frangenti dal polistrumentista Brian Gibson, si dimostra in splendida forma: parla e parla tanto al pubblico, spiega le scelte dei brani e dei loro arrangiamenti, armonica alla bocca scende giù fra le prime file e concede anche un selfie a un fan fin troppo “attivo” con la propria fotocamera.
Alla luce di un concerto del genere, partecipato tanto sopra quanto sotto il palco, il passo seguente non dovrebbe che essere un’ulteriore sottrazione sonora rispetto all’ultimo “Higher Truth”, un solo chitarra e voce che potrebbe regalare a Chris Cornell una nuova e meravigliosa fase della sua carriera. I presupposti ci sono tutti.
SETLIST: Before We Disappear – Can’t Change Me – The Times They Are A-Changin’ (Bob Dylan cover) – Cleaning My Gun – Nearly Forgot My Broken Heart – Fell On Black Days (Soundgarden) – Thank You (Led Zeppelin cover) – Doesn’t Remind Me (Audioslave) – Say Hello 2 Heaven (Temple Of The Dog) – Blow Up the Outside World (Soundgarden) – Let Your Eyes Wander – You Know My Name – Billie Jean (Michael Jackson cover) – Black Hole Sun (Soundgarden) – Rusty Cage (Soundgarden) – When I’m Down – I Am the Highway (Audioslave) – Hunger Strike (Temple Of The Dog) – Imagine (John Lennon cover) – A Day In The Life (Beatles cover) —encore— Josephine – Higher Truth