Al compimento del diciottesimo anno di età ci si può permettere di fare salti nel vuoto per la prima volta, dopo aver accumulato un bel po’ di esperienza e conquistato la fiducia delle persone che ti seguono. Per il Club To Club, nato diciotto anni fa ai Murazzi, sulle sponde torinesi del Po, il passo in avanti definitivo per la consacrazione a livello internazionale è stato ospitare l’esibizione di un artista enorme che nel 2018 ha concesso solo altre due date nel resto del mondo. Come per l’acquisto del divo Cristiano Ronaldo tra le fila della Juventus, il team di organizzatori di Club To Club capitanato da Sergio Ricciardone ha puntato (quasi) tutto sul grande nome nel mercato di quest’anno, soprattutto in termini di investimenti pubblicitari a suon di pagine di quotidiani e proiezioni sulla Mole Antonelliana in stile Batman, a discapito dell’abbondanza di artisti piccoli/medio/grandi presenti nella scorsa edizione (che per il momento rimane la migliore delle diciotto per peso specifico del cartellone), ma fortunatamente non della qualità e dell’identità “avant pop” che ha reso unico in Italia questo appuntamento musicale.
Del salto nel vuoto è valsa la pena: senza dubbio, comunque la si pensi sulla performance, che si fosse presenti o meno, che si capisca qualcosa di elettronica o meno, il set di Aphex Twin è stato un vero e proprio evento di costume e rimarrà nella storia culturale di Torino, così come il concerto di Bob Marley e Pino Daniele allo Stadio Olimpico nel 1980, il campeggio punk prima dei NOFX al Pellerossa Festival negli anni ’90 o il set mastodontico dei Daft Punk al Traffic. Per testimoniare ciò, basterebbe pensare al nuovo padiglione del Lingotto Fiere aperto solo in ottica dell’arrivo del produttore britannico, parso troppo grande e dispersivo durante qualsiasi altro dj set del weekend ma che è riuscito a essere colmato nella sua interezza, ai limiti dell’agorafobia, da circa diecimila persone all’1:30 di sabato notte.
Poi ci sono anche i numeri da ufficio stampa a confermare il successo di questa edizione: sessantamila biglietti staccati, uno su quattro acquistato dall’estero, soprattutto da Francia, Inghilterra e Germania, a giudicare dalle voci sentite nel corridoio centrale. Numeri che rendono il festival realmente europeo, non solo a parole, tanto da potersi permettere di chiedere 10 Euro per un drink come fossimo a Parigi senza che nessuno provasse a dar fuoco al bancone del bar per protesta.
Ma non c’è stato solo il Cristiano Ronaldo della musica sperimentale nel weekend sabaudo: l’edizione del 2018 è stata un successo perché ha sia accorciato la distanza geografica ideale tra Torino e altri festival d’avanguardia-o-quasi come Primavera Sound, Pitchfork e Le Guess Who, sia confermato tutti gli aspetti che hanno reso il Club To Club un unicum negli anni. Questo grazie alle esibizioni di giovani artisti che rientrano nella loro personale e coerente visione di “nuovo pop”, ma anche nomi ricorrenti nelle line-up degli anni passati, accantonando almeno stavolta le incursioni di personaggi più nazionalpopolari come Liberato e Ghali, nonostante comportassero anche loro un piccolo azzardo quando sono stati chiamati.
GLI ALTRI
In una recente intervista pre-festival Sergio Riccardone dichiarava: “Cerchiamo di portare avanti in Italia e non solo un discorso sulla qualità legata ai nuovi suoni e a un nuovo modo di fare arte. Un immaginario che dal 2014 a oggi abbiamo definito avant pop! L’avanguardia che modella o diventa nuovo pop”. Questa avanguardia è composta da giovani donne come Tirzah, che nella notte inaugurale alle Officine Grandi Riparazioni ha monopolizzato la scena con un’esibizione morbida e rilassata (così tanto da potersi presentare sul palco in pigiama) in cui ha cantato i brani estratti da quella perla r’n’b che è il suo album di debutto “Devotion”; donne aggressive come Peggy Gou in maglia bianconera e Avalon Emerson, che messe una dopo l’altra hanno dato un bel calcio in culo sonoro al set precedente di Jamie xx con dei mix chirurgici di casse dritte come non si sentivano un po’ da queste parti.
Ma l’immaginario di Club To Club è anche popolato da artiste più sofisticate come Victoria Legrand e i suoi Beach House, per la prima volta in assoluto a Torino. La band di Baltimora, forte di uno dei lavori dream/indie migliori dell’anno e di un tour ultra celebrato, ha regalato l’esibizione “suonata” migliore del festival, insieme a quella di Blood Orange. L’ex Test Icicles, uomo di spicco in mezzo a stelle emergenti come Serpentwithfeet e Yves Tumor (che è parso meno “malato” rispetto al set selvaggio di un anno fa ma non meno appariscente), s’è lanciato un concerto soul funk d’altri tempi, uno spettacolo istrionico tra pianoforte e chitarra che lo potrebbe eleggere come il Prince dei nostri giorni senza risultare una bestemmia, potendo anche contare su turnisti di un certo livello come Ian Isiah e la sua voce miracolosa ad animare brani come Holy Will. Insomma, un insieme di concerti che difficilmente si potrebbe vedere in altri contesti in Italia, dal momento che artisti simili sono già restii a venire dalle nostre parti per date singole.
LUI
Sulla rilevanza dell’arrivo a Torino di Aphex Twin e del clamore che è stato costruito ad arte (da lui e dalla Warp Records in primis, come sempre) in vista del fatidico sabato 3 Novembre se n’è già parlato poco sopra, ma l’esibizione in sé com’è andata? Tutto il carico emotivo e pubblicitario che per sei mesi ha monopolizzato lo sforzo del team di Club To Club poteva dissolversi e vanificarsi in un compitino anonimo, da superstar musicale bollita che vive di rendita da qualche anno, come d’altronde hanno ipotizzato parecchi detrattori nelle scorse settimane.
Sarà stata l’energia elettrica portata nell’aria da una sala stracolma in attesa, o più semplicemente lo stato di forma ottimale di Richard D. James già dimostrato con l’ep “Collapse” uscito quest’anno, ma il set è stato inquietante e memorabile, contraddistinto da un’intensità sempre crescente che ha guidato la sala del Lingotto in un viaggio futuristico dall’ambient a scariche breakcore da fuochi d’artificio. Sui brani, propri e altrui, scelti durante il set si sono occupati in modo filologico i suoi nerdissimi fan su Reddit: grazie a questa ricostruzione si potranno recuperare remix e chicche selezionate di Skee Mask, Lanark Artefax, Zuli e altri nomi che hanno avuto l’onore di essere portati a galla e suonati da Aphex Twin, com’era avvenuto per il nostro Lorenzo Senni l’anno scorso nel set di Barcellona.
Sarebbe bastata questa gita nella sperimentazione contemporanea e qualche laser qua e là per soddisfare le alte aspettative, ma a ciò s’è unito un lavoro stranianate di visual art dedicato a Torino e all’Italia e contraddistinto dall’ironia a cui ci ha abituati il produttore coi suoi videoclip e cover di dischi: oltre il faccione inquietante di Aphex Twin incollato in presa diretta sul pubblico o su orsetti danzanti, sugli schermi sono comparse immagini distorte di giocatori di Juventus e Torino, Piero Angela, Rita Levi Montalcini, Antonio Gramsci, Lapo Elkann, Andrea Agnelli, Gustavo Rol e Ciccio Graziani, come fosse uno di quegli incubi che ti vengono dopo una serata passata a guardare troppe cazzate in televisione. Il condimento divertente e giocoso di un set ostico, non proprio da serata Erasmus universitaria.
È stato, anche grazie a questi accorgimenti, uno spettacolo che ha accontentato tutti, da chi era lì per fare post su Instagram all’esperto solo di una certa elettronica che ha riconosciuto i remix vantandosi con gli amici, dai turisti di passaggio a Torino accorsi per una celebrità dello show business (perché di quello si tratta, in fondo) ai giovani appassionati di musica che hanno avuto la possibilità di assistere per la prima volta al lavoro dal vivo di uno dei grandi geni del nostro secolo. Ecco cosa potrebbe restare nella memoria di Torino in questo periodo cupo, un evento che non per niente ha messo le cose in chiaro fin da subito: il Club To Club è, e sarà, luce al buio.