I concerti in solo – almeno quelli più memorabili, in genere – dovrebbero essere appannaggio esclusivo di un parterre selezionato, non molto numeroso, in un luogo non esageratamente dispersivo, con qualche abat-jour ad illuminare la scena e una modesta amplificazione. Per due motivi estremamente semplici. Perché un cantautore dovresti poterlo guardare negli occhi, sebbene chiusi, sentirti in famiglia quando lo ascolti dal vivo, in religioso silenzio. E perché è sempre molto difficile, per un artista, tenere testa ad una location dalle grandi dimensioni; magari pure all’aperto; magari anche d’estate; magari in una delle capitali più gettonate della stagione; e magari – perché no – in Italia. Ebbene lo spettacolo che in un rovente lunedì di fine luglio ha offerto un certo signor Damien Rice, nativo dei pressi di Dublino, a qualche migliaio di fortunati presenti al Teatro Antico di Taormina, costa orientale della Sicilia, sembra esser stato pensato apposta per trasformarsi in un’eccezionale smentita a quanto affermato in avvio.
Il cantautore si presenta on stage con un quarto d’ora accademico di ritardo, ed è subito – irrimediabilmente – una cascata irrefrenabile di applausi. Cannonball ottiene, dopo pochissime note, il doppio risultato di tranquillizzare chi credeva che i fasti degli esordi potessero passare in secondo piano, e di rapire un audience già pronto ad alzare bandiera bianca sulla fiducia. Damien racconta, tra un pezzo e l’altro, una serie di aneddoti, interroga il pubblico e interagisce in maniera mai banale od a rischio attenzione. Ed è questo, in ultima analisi, il miracolo dell’evento. Gli splendori di Delicate, Elephant e 9 Crimes fanno piombare il silenzio sulle vecchie pietre circostanti, una meravigliosa variante di Trusty And True per harmonium segna uno dei picchi assoluti di uno spettacolo che, nell’arco di due ore, non vivrà un solo momento di stanca o pressione. Tra le lunghe code in loop di I Remember e It Takes A Lot To Know A Man, l’incanto a luci spente del medley Cold Water/Long Long Way e il dolcissimo abbandono di The Greatest Bastard, si giunge all’encore con la stessa rapidità – è proprio il caso di dirlo – con la quale si consuma un calice di vino rosso. Un siparietto alcolico precede il passo di Cheers Darlin’, che farà strada ad una chiosa unanimemente straordinaria: una versione deamplificata di The Blower’s Daughter, cantata dal pubblico con invidiabile, inusuale intonazione.
Dopo il concerto, non molti fortunati hanno potuto assistere ad uno show ex-novo, imbastito per le strade di Taormina a tarda notte: una sinfonia per chitarra, sogni ubriachi e fantasmi ionici. Ma questa è un’altra storia. Quella che abbiamo il dovere di documentare dice che Rice è il cognome di uno tra i più brillanti songwriter della sua generazione, capace di reggere il peso che si deve al successo senza tradire la bellezza, la qualità, la capacità di donare un’emozione. Che ha saputo rinnovarsi, attendere e colpire sempre dritto al cuore. Che passando da questa parte del mondo, poco prima che un continente finisca ed una frontiera si chiuda, ha disserrato le porte che l’arte, e l’arte sola, ha il dono di schiudere – per poi unire. Per frantumare le distanze. Per rendere un giorno, semplicemente, un giorno migliore.
SETLIST: Cannonball – Delicate – Elephant – 9 Crimes – Trusty And True – The Box – I Remember – The Greatest Bastard – Cold Water – Long Long Way – Accidental Babies – It Takes A Lot To Know A Man —encore— Cheers Darlin’ – The Blower’s Daughter (unamplified)