Le Maréchal de La Palice mica poteva prevederlo. Si augurava, con molta probabilità, che i libri di storia potessero menzionarlo. Ma insomma: non è che il progetto fosse proprio questo qui. Il termine “lapalissiano”, d’altro canto, non si deve tanto alle imprese militari del fu ragazzino alla corte dei Valois, quanto ad un episodio legato al suo funerale e burlescamente mal tramandato. Il resto, si sa, vien da sé: “come una freccia dall’arco scocca, vola veloce di bocca in bocca” – cantava qualcuno. Direte voi: ma che c’importa? Ma soprattutto: cosa accidenti c’entra con Mr. David Lynn Thomas, b. 1953 in Miami, Florida e i due ragazzi pallidi? C’entra, c’entra. Perché affermare che questo signore sia uno tra gli incontestabili geni della storia della musica rock è talmente banale da rendere inefficace persino l’aggettivo di cui sopra. In Sicilia, nell’arco di cinque mesi, la leggenda cresciuta a Cleveland ha tenuto ben tre lezioni. La prima ad agosto, coi Pere Ubu in quel di Castelbuono: memorabile. L’ultima a Catania insieme ai Two Pale Boys, sede Lomax: pure. Sono all’incirca le 23.00 quando di nero vestito si fa largo (per così dire) tra i non moltissimi presenti e raggiunge la premiata ditta Andy Diagram-Keith Moliné, già sul palco ad attenderlo. E’ terribilmente smagrito. Terribilmente consunto. Terribilmente stanco, forse. Ma sempre, terribilmente bravo. Sempre, terribilmente capace di tener fede al suo mantra: bisogna che un artista realizzi uno show di valore. Detto, fatto. Addenta il filtro della prima sigaretta e lo sputa via, tra Heart Of Darkness e Man In The Dark. Termina il primo bicchiere tra Turquoise Fins e Nobody Knows. Il secondo ce l’ha ancora in mano, quando ha appena fatto dono ai presenti del duo Sonic Reducer-Weird Cornfields, atti X e XI d’una sempre cangiante replica di assoluta qualità e precisione. L’ecosistema live è ancora una volta ideale per comprendere quanto e perché Thomas abbia a cuore il progetto 2pbs: tromba, chitarra e diavolerie varie sembrano soventemente il suo attuale habitat naturale. Menzione a parte poi, ci tocca ricordare, merita Can’t Help Falling In Love. Perché semplicemente epica. Perché sua. Prepotentemente, tirannicamente, incontrovertibilmente sua stanotte. E’ una splendida circostanza da “quella volta che… ti ricordi?”. E’ il pezzo che vorresti in filodiffusione mondiale mentre sorseggi cognac, in attesa che un asteroide battezzi te e chi ti circonda per l’ultima volta. E’ il pezzo che vorresti ascoltare tu e soltanto tu mentre sorseggi cognac, in attesa che un asteroide battezzi te e chi ti circonda (da qualche parte) per l’ultima volta. “Sembrava il Sinatra degli ultimi tempi”, commenterà due giorni più tardi un amico. Salvo rare, anzi: rarissime eccezioni, perdere volontariamente un concerto del genere a pochi passi da casa propria è un gesto di puro autolesionismo ed ottusità. Persino Cicerone vi direbbe: guardi che proprio non posso difenderla, il suo è un caso disperato. A tal proposito, recita il motto dell’Ubu Projex: “ars longa, spectatores fugaces”; “… sed David Thomas eternus” – aggiungiamo noi. Con buona pace degli assenti, s’intende.
A cura di Michele Leonardi