Quello che all’inizio mette in fibrillazione ogni cellula del tuo corpo è il caos, quello multicolore della gente entusiasta tanto quanto te, che acclama, applaude, canta in uno spazio di grandezza molto più che considerevole; direi quasi colossale. Proprio come i gladiatori della pellicola di Scott, Gahan & Co. salgono sul palco, allestito nello Stadio Olimpico di Roma, in un tripudio collettivo degno delle manifestazioni di calibro mondiale; alla stregua di un benevolo sovrano, Dave Gahan viene acclamato dal popolo che lo rivuole con se dopo la brutta esperienza ospedaliera che l’ha costretto a cancellare alcune date del tour mondiale della band. Lo spettacolo ha un inizio soft con la canzone In Chains presente nel nuovo album “Sounds Of The Universe”, che fa da introduzione al singolo ultra-trasmesso nelle radio mondiali Wrong, con una scenografia rosso sangue che tanto ricorda il sangue di chi errori nella vita ne fa tanti; vecchi e nuovi successi si susseguono in un crescendo di frenesia sia da parte degli spettatori che da parte del cantante visibilmente provato ma comunque entusiasta del “suo popolo” che con lui intona brani recenti e non. Hole to feed, dai ritmi quasi tribali e coinvolgenti che hanno come sfondo un tripudio di luci dall’effetto ottico molto interessante, Walking in my shoes, It’s no good, A question of time, introducono Precious, cantata dallo stadio tutto, volto a sostenere il cantante che, nonostante la sua verve più che evidente, lascia trapelare qualche incertezza nella sua esibizione, dovuta alla lunga convalescenza; tornano gli anni ’80 con Fly on the windscreen, seguita da Little soul , intonata da un Martin Gore emotivamente coinvolto e coinvolgente,Home, Come back ed infine Peace, presente nell’album uscito ad aprile, il cui sound, morbido e “sotterraneo”, ricorda il suono dei radar sapientemente accostato ad immagini “finte-d’epoca” di aerei da combattimento e di chi nel combattimento si lancia per difendere la pace. In your room, I feel you, Policy of truth, cedono il passo al vero successo della band, quello che ha trascinato l’intero stadio in un canto talmente forte da farsi disperato: Enjoy the silence fa del concerto una discoteca di percussioni in cui Gahan si erge a “piccolo principe” nella folla che guarda con benevolenza e fiducia e che non lo abbandona mai nel corso della faticosa esibizione; nonostante tutto, il pubblico lo acclama e lo sostiene, accompagnandolo durante tutta la scaletta, quasi come se volesse fare esso stesso un concerto per la band volto ad augurare un ritorno più che mai strepitoso dopo i recenti problemi. Il tutto si conclude con tre pezzi molto ritmati tra i quali spicca Personal Jesus, successo senza tempo dei Depeche Mode.
Interessante è stata la scelta delle immagini; un alternarsi compulsivo di colori pop e bianchi-neri underground in cui bene si inseriscono immagini surreali che molto ricordano un misto di Dalì e Matisse, rendono quasi l’idea di uno scenario fumettistico dove simboli, sfumature, suoni e storie raccontano di vite, successi e insuccessi, “amori strani” e destini fatali, tipici argomenti delle canzoni del gruppo britannico. La scelta dei pezzi è invece risultata alquanto “statica”, soprattutto nella parte iniziale; a differenza del precedente tour volto alla promozione dell’album “Playing The Angel”, la band ha optato per soluzioni più morbide cedendo soltanto sporadicamente a pezzi molto movimentati (Hole to feed e Never let me down again ne sono un esempio); a differenza di tre anni fa, hanno preferito mettere da parte il loro lato rock per dedicarsi all’introspezione e alla sperimentazione di una sorta di “ultrasuoni” cupi e meditabondi come quelli che hanno caratterizzato il loro nuovo album. Di conseguenza, l’atteggiamento della band sul palco è stato più tranquillo, meno “animalesco”, più pensieroso, eccezione fatta per alcuni pezzi che comunque non hanno scosso i tre musicisti come invece è successo in altre occasioni. Nel complesso, un concerto gradevole ma, triste a dirsi, non dei migliori; molto hanno influito di certo le recenti vicissitudini che hanno visto il cantante protagonista, a cui si è aggiunto un nuovo approccio dei Depeche Mode alla musica, evidente nel loro ultimo album, più sperimentale e meno rock del precedente. Nonostante tutto, la loro esibizione rimane pur sempre un momento immancabile per qualunque loro fan vero si professi tale; un momento in cui condividere l’amore per le stesse sonorità, per gli stessi temi e per le medesime emozioni, da condividere con gli altri e con gli artisti stessi che, questa volta, hanno avuto più che mai bisogno del sostegno di coloro che li amano.
SETLIST: In Chains – Wrong – Hole to feed – Walking in my shoes – It’s no good – A question of time – Precious – Fly on the windscreen – Little soul – Home – Come back – Peace – In your room – I feel you – Policy of truth – Enjoy the silence – Never let me down again —encore 1— Stripped – Master and Servant – Strangelove —encore 2— Personal Jesus – Waiting for the night
(“Walking In My Shoes” live @ Roma, Stadio Olimpico)
A cura di Angelica Scardigno