Se il talento di alcuni personaggi risiede nella capacità che questi hanno di anticipare mode e innovazioni, allora non si commette un errore se si considerano i Depeche Mode facenti parte della suddetta categoria. Il concerto tenutosi al PalaMalaguti di Bologna il 25 novembre, ne è stato la dimostrazione: contrariamente a quanto molti fans si sarebbero aspettati, soprattutto in virtù degli ultimi due concerti che hanno visto la band inglese protagonista dei palchi italiani (a Roma e Milano in estate), i Depeche Mode hanno momentaneamente messo da parte i sintetizzatori. La setlist che Gahan & Co. hanno eseguito per deliziare il pubblico nostrano fa pensare che il più delle volte il synth-pop sia un espediente al quale, spesso, ricorrono sedicenti musicisti per mascherare la mancanza di talento autentico. Se, infatti, si è assistito alla rinascita dell’impiego di sintetizzatori nella musica, da adesso in poi si presagisce un declino di quest’utilizzo indiscriminato che ha dato vita a star più o meno brillanti. Il concerto di Bologna del trio britannico è stato molto più rock. Partendo con In Chains, una canzone del nuovo album “Sounds Of The Universe”, l’esibizione è poi andata avanti con Wrong e pochi altri pezzi del nuovo lavoro della band; continuando con Walking In My Shoes e passando per A Question Of Time e la bellissima Precious, lo spettacolo ha lasciato di stucco i fans che si sono trovati catapultati in un contesto puramente rock dove la musica è fatta solo di chitarre e voce che infrangono l’etere e raggiungono ogni spettatore muovendolo a suon di note. Non considerando momenti particolarmente carichi dovuti al risuonare di vere “perle sonore” quali It’s No Good, Enjoy The Silence e Never Let Me Down Again, il susseguirsi dei pezzi è stato sì studiato, forse più “tradizionale”, ma non monotono come si potrebbe supporre: i tre artisti con questo concerto hanno detto stop alla “finzione” per lasciare spazio alle loro vere origini, dal rock al punk fino al blues. Ad animare il tutto non poteva mancare il carisma tangibile di Martin Gore (che ha cantato la delicata Home in un assolo trascinando il pubblico in un coro) e del leader della band, Dave Gahan, che, rimessosi completamente (si suppone e spera) da un tumore diagnosticatogli in estate che lo aveva costretto a cancellare alcuni concerti europei, ha dato prova di essere rinato, forse anche ringiovanito, di amare sempre molto la musica e di divertirsi nel giocarci, saltellando tra il pubblico che gli ha fatto festa e deliziandolo con le piroette che l’hanno reso famoso. Molto opportuna è stata la scelta di non “distrarre” gli spettatori con scenografie iper colorate o ultra movimentate, in altre parole da pop-art; l’atmosfera era creata dal trio inglese che, entusiasta, ha proposto Stripped e Personal Jesus sul palco, degli intramontabili sempre presenti nel cuore dei fan. Nella totalità, i Depeche Mode hanno dato prova di essere tornati sulle scene musicali con tanto di “corona d’alloro”, hanno entusiasmato, “rockeggiato” e ricordato che, per fare musica autentica, non è necessario ricorrere ad artifici di nessun tipo: basta una chitarra, una voce e tanto amore per la musica per fare breccia nei cuori.
SETLIST: In Chains – Wrong – Hole To Feed – Walking In My Shoes – A Question Of Time – Precious – World In My Eyes – Fly On The Windscreen – Insight – Home – Miles Away/The Truth Is – Policy Of Truth – It’s No Good – In Your Room – I Feel You – Enjoy The Silence – Never Let Me Down Again —encore— One Caress – Stripped – Behind The Wheel – Personal Jesus
(“Personal Jesus” live @ PalaMalaguti, Bologna)
A cura di Angelica Scardigno