La discesa di Devin Townsend in terra italica è, per il sottoscritto, un avvenimento cardine dell’annata musicale live. L’artista canadese, infatti, personalità poliedrica e influente della scena mondiale da ormai 20 anni, è garanzia di show di un certo livello che mai tradiscono le aspettative. La ragione di ciò, per chi ha avuto modo di vederlo su un palco, salta subito all’occhio: dopo poche note “hevydevy” si mostra integralmente per quello che è, un frontman professionale e attento a ogni dettaglio, una macchina di violenza e ricercatezza sonora ma, sopra ogni cosa, un intrattenitore come pochi ce ne sono in un mondo nel quale la comunicazione con la platea è qualità sottovalutata e supposta non fondamentale, se ci si ferma un attimo a ragionare.
Leprous e Between The Buried And Me in apertura sono due act estremamente interessanti. Il combo norvegese, che da ormai dieci anni porta in giro per l’Europa la propria concezione di progressive metal, è un po’ statico sul palco ma tra serie di stacchi paurosi e la voce pazzesca di Solberg scorre velocemente la mezz’ora a loro disposizione. Con gli americani Between The Buried And Me la serata inizia a decollare, è infatti dal vivo che i ragazzi danno il meglio di sé. Su disco li ho sempre trovati interessanti ma un po’ piatti, più che altro la loro proposta, un progressive ultra influenzato che racchiude in sé svariate correnti (death, power, heavy classico, per citarne alcune) e che ha necessariamente bisogno di un songwriting ben lineare per non risultare, come un po’ accade, caotico e alla lunga noioso. Ma on stage – e a dirla tutta non me l’aspettavo – la band c’è. La scaletta li aiuta molto con una scelta mirata di brani dagli ultimi tre album, probabilmente i migliori da riproporre su di un palco. Il pubblico apprezza e partecipa e quasi senza accorgersene si arriva ai saluti.
Devin ha il pregio di essere un giullare, ma non inteso come sinonimo di buffone, quanto più nell’accezione primitiva del termine ovvero cantastorie, intrattenitore, mimo. L’attesa dello show è, come accade da qualche anno, scandita da alcuni episodi della Ziltoid Radio, fake radio creata qualche anno fa da Townsend a supporto marketing del suo capolavoro “Ziltoid The Omniscient”. La opener Rejoice crea velocemente il mood giusto, la connessione che Devin ha con il suo pubblico è infatti fenomenale. Il canadese passa la seguente ora e mezza a ridere, scherzare, ammiccare, salutare, indicare praticamente tutti, consapevole della propria influenza sullo stage e forse anche più che in passato, coccolato da un audience che lo invoca spesso e canta tutte le canzoni.
La setlist è ottima. Pesca in sequenza alcuni brani dall’ultimo, validissimo, “Trascendence” (Stormbending, Failure) e per il resto ripercorre un po’ tutta la carriera del nostro. L’immancabile Night, la spaziale Hyperdrive e il capolavoro (non stanca MAI) Kingdom sono brani ormai necessari e per i quali, personalmente, vale la pena investire un martedì sera qualunque di un freddo inverno padano. Il caratteristico “wall of sound” di Townsend e della sua band è proposto con ancora più vigore del solito: il sonoro dà infatti l’impressione di essere un po’ più pastoso rispetto a quanto ascoltabile su disco, creando un tappeto sonoro devastante.
Cambio di chitarra per una lunga e potente Planet Of The Apes (ho perso il conto di quante chitarre diverse ho visto utilizzargli negli anni) e per l’encore Ih-Ah! (in acustico), cantata a gran voce da tutto il pubblico come da tradizione. La chiusura tocca a Higher, forse il capolavoro dell’ultimo disco, 10 minuti maestosi che ci salutano e ci rimandano, felici e contenti tra ringraziamenti e abbracci dal press pit, al prossimo live. In ultimo, elogio alla scelta della location, perfetta per concerti di questo rilievo. Il quasi sold out è garantito e ciò aiuta molto a creare l’atmosfera giusta per show di media portata
SETLIST: Rejoice – Night – Stormbending – Failure – Hyperdrive – Where We Belong – Planet of the Apes – Ziltoid Goes Home – Suicide – Supercrush! – March Of The Poozers – Kingdom —ENCORE— Ih-Ah! – Higher