Dalla polvere di stelle alla luna piena. Il destino di Eddie Vedder a Firenze รจ sempre legato al cielo. Sono passati due anni esatti da quel Firenze Rocks in cui Eddie abbracciava la fiumana di gente e vaneggiava una stella cadente in picchiata sul panorama della Visarno Arena. Una scena magica, una serata magica. Ed, fasciato di argento vivo, in una delle sue piรน scintillanti performance e nell’abbraccio di fan e famiglia. Due anni dopo nel cielo di Firenze poche stelle, ma un’enorme luna piena a gongolare da sopra.
Eddie sale sul palco, non saluta. Non si esibisce nel suo proverbiale italiano balbettante ma tenero. Parte con la chitarra, uno-due-tre pezzi di fila senza sosta. ร teso, livido. Lunatico. “The lunatic is on the grass”, canta a denti stretti sulle note di Brain Damage dei Pink Floyd. ร nervoso, lo ammette lui stesso: “Amici scusate, sono nervoso, sarร questa luna, sarร che tornare qui da solo in questa cittร speciale mi fa sentire cosi”. E la sensazione รจ che Vedder sia un uomo che ha bisogno di sostegno, delle sue bambine, della figura rassicurante della moglie e forse della band. Un Rusty non piรน selvaggio alle prese con la luna storta e con un febbrone che lo porta a dormire fino all’ultimo minuto, ovvero mentre l’amico Glen Hansard รจ giร sul palco.
Ma il concerto รจ incredibilmente intenso forse anche per questi presupposti. Eh sรฌ, perchรฉ la tensione si tramuta in graffio e in un miscuglio di amarezza e nostalgia che lo porta sui territori del compianto Tom Petty (Wildflowers), in quelli glaciali dell’Alaska (โInto The Wildโ molto presente con le sue ballate, tra tutte la piรน memorabile รจ Society a quattro mani con Hansard). E poi la stizza politica di Porch, Can’t Keep e I’m Mine con quel testo (“L’oceano รจ pieno perchรฉ tutti stanno piangendo / La luna piena sta cercando amici nell’alta marea”) che ci riporta a strazianti sensazioni di dรฉjร vu.
Poi parte Black condita stavolta da quartetto d’archi e, improvvisamente, al suo scemare, quando alziamo lo sguardo al cielo, la luna รจ scomparsa completamente nascosta dalle nubi. Da lรฌ Eddie si scioglie, omaggia i Clash con una versione spassosa di Should I Stay Or Should I Go e ritorna a brindare con il rosso e omaggiare l’infinito (Hard Sun). Col sorriso e con trasporto. Perchรฉ, e c’รจ poco da fare, i figli del sole vivono di riflessi e gocciolano di luce.
SETLIST: Cross The River – Elderly Woman Behind The Counter In A Small Town (Pearl Jam song) – I Am Mine (Pearl Jam song) – Brain Damage (Pink Floyd cover) – Immortality (Pearl Jam song) – Wishlist (Pearl Jam song) – Indifference (Pearl Jam song) – Wildflowers (Tom Petty cover) – Far Behind – Just Breathe (Pearl Jam song) – Can’t Keep (Pearl Jam song) – Sleeping By Myself – Guaranteed – Black (Pearl Jam song) – Parting Ways (Pearl Jam song) – Should I Stay Or Should I Go (The Clash cover) – Porch (Pearl Jam song) —ENCORE— Unthought Known (Pearl Jam song) – Better Man (Pearl Jam song) – Song Of Good Hope (Glen Hansard cover) – Society (Jerry Hannan cover) – Hard Sun (Indio cover) – Rockin’ In The Free World (Neil Young cover)