Il live milanese dei Fontaines D.C. è stato un esempio di resilienza − termine abusato ma oggettivamente utile − da manuale, di quelli che vanno tanto tanto bene per le stories degli influencer. Pur di non mandarlo alle ortiche, come decine di altri concerti di queste settimane di transizione in cui nessuno sa ancora cosa è possibile fare, dove, quando e perché, alla fine l’organizzazione ha optato per spostarlo dai Magazzini Generali (dov’era andato sold out, a capienza piena, in piedi e senza distanziamento) all’Alcatraz, club decisamente più “comodo”. Fa un certo effetto vedere la grande sala di Via Valtellina allestita con file di sedie dal palco fin quasi all’ingresso, ma è nell’aria che tutto ciò durerà davvero poco.
Quando i Fontaines D.C. salgono sul palco, dopo la convincente performance in apertura dei Just Mustard con il loro dreamgaze venato di industrial, bastano infatti i primi secondi (quindici? Venti? Forse anche meno) di Televised Mind a mandare all’aria qualsiasi buon proposito di rispetto delle regole. Il pubblico giustamente (non poteva davvero andare in modo diverso) scatta in piedi in ogni zona del locale e, tra le primissime file, ci si ammassa praticamente sottopalco.
Tra le miriadi di band della nuova ondata post punk i Fontaines D.C. si distinguono, ed è un qualcosa che va ben al di là del gusto personale. Grian Chatten è un frontman di grande impatto, non perché faccia chissà quale numero circense ma perché ha gli occhi spiratati di chi sente fino al midollo ciò che sta dicendo e facendo. Si aggira come un forsennato sul palco, agita l’asta del microfono, incita il pubblico, si prende a schiaffi. È in poche parole una presenza ingombrante, pesante, che attrae nonostante la voluta noncuranza (anche rispetto al resto della band) con cui si presenta sul palco, jeans larghi e una vecchia maglietta che pare pescata a caso dal fondo dell’armadio.
Il nuovo album “Skinty Fia” arriverà il 22 Aprile, ma i singoli che l’hanno finora anticipato sono tutti nella setlist della serata: Jackie Down The Line è già uno dei loro “classici”, I Love You col suo basso dannatamente eighties e poi l’ultimissima Skinty Fia: su disco il pezzo ha dei suoni stratificati attraversati da flebili bisettrici industriali che, com’era prevedibile, dal vivo subiscono una “riduzione” che però non ne attenua la dirompenza. Per lo più ci sono quindi brani da “Dogrel” (2019) e “A Hero’s Death” (2020), il che ovviamente non è affatto un male: l’urlo di Chatten in You Said è un rasoio, la doppietta Big/Hurricane Laughter fa saltare letteralmente per aria l’Alcatraz, senza parlare di Too Real, quel pezzo che aveva fatto esplodere il nome dei Fontaines D.C. su larga scala.
Nelle prime file si scatena anche un accenno di pogo, e fa un certo effetto scorgere ventenni, quarantenni e anche oltre tutti insieme e coinvolti allo stesso modo. Non è una circostanza casuale che una band come i Fontaines D.C. riesca a soddisfare palati più acerbi e anche quelli di chi con certe sonorità c’è cresciuto e ha “vissuto” quei seminali totem cui la stessa formazione irlandese strizza l’occhio. È quello che succede alle band che hanno davvero qualcosa da dire, quelle band che sono qui per restare, a lungo e nelle teste di molti. Non perdeteli per nulla al mondo quando si faranno nuovamente vedere dalle nostre parti (ovvero quest’estate, manca poco).
SETLIST: Televised Mind – A Hero’s Death – Sha Sha Sha – A Lucid Dream – Jackie Down The Line – I Don’t Belong – Chequeless Reckless – Roy’s Tune – You Said – I Love You – Big – Hurricane Laughter – Too Real – Skinty Fia – Boys In The Better Land —ENCORE— I Was Not Born – The Lotts