Get Well Soon, ovvero: rimettiti in fretta, guarisci presto. Un augurio, un’esclamazione di migliore auspicio. Di buona fortuna. Caratteristica che non serve – o serve meno, perché non guasta – a chi è ampiamente sorretto dalle proprie doti. A dovere. A chi fa i compiti, studia, prepara. A chi scrive belle canzoni, in questo caso. A chi mette in piedi uno show con passione e dimestichezza.
La band tedesca, giunta a Roma per il tour dell’ultima fatica, “Love”, si presenta in sestetto davanti alla grande scritta rossa, illuminata, che reca il titolo dell’album sopra citato. Non sono molti – purtroppo – i presenti, e la metà di loro sta seduta come la Regina Elisabetta in posa coi nipoti. Poco male. Konstantin Gropper & Co. la prendono come una sfida personale facendo, egregiamente, quanto richiesto dal proprio mestiere; e oltre. Apre le danze la sensualissima It’s Love, dando il la ad un’esibizione in crescendo che prosegue il suo incidere sulle note della bellissima Eulogy – tra i pezzi più riusciti dell’ultimo capitolo discografico dei Nostri. L’aria si infiamma dopo la grande dolcezza di Mail from Heidegger, con la arcadefiriana Angry Young Man prima e con Born With Too Much Love/It’s a Mess poi, fino ad arrivare alla portentosa You Cannot Cast Out The Demons (You Might As Well Dance), che chiude il concerto con uno strepitoso punto esclamativo.
Sorprende ma non stupisce, della serata appena consumatasi, la compattezza e l’abilità degli interpreti, chiamati a fronteggiare – con invidiabile autoironia – un parterre a tratti freddo e poco ricettivo, come non di rado capita da queste parti. Se il risultato è sempre un simile spettacolo, sarebbe il caso di rivolgere l’augurio – di pronta guarigione – non agli artisti ma certamente al pubblico. Da tempo il grande, drammatico ammalato di questo Paese. Bravi!