In questi ultimi anni i Glasvegas sono stati l’esempio più clamoroso della mancanza di lucidità nel giudicare una band. In molti li hanno osannati oltremodo (i soliti media britannici, che una volta tanto hanno lanciato un nome realmente interessante), ma buona parte degli addetti ai lavori ha sviluppato nei loro confronti un ingiustificato odio riflesso e pregiudiziale, nel nome dello snobismo indie più talebano. Dove sta dunque la verità? Quei pochi dubbi che avevo me li sono tolti sabato sera, quando ho assistito alla data milanese del loro tour. I Magazzini Generali presentano un discreto colpo d’occhio, ma sono ben lontani dall’essere sold out: non me ne dispiaccio più di tanto, perché per una volta nel piccolo club di Via Pietrasanta riesco a godermi un concerto da buona posizione, standomene comunque comodo.
Gli scozzesi salgono sul palco alle 20.50 circa e basta la prima canzone per fugare qualsiasi incertezza sulle loro presunte incapacità tecniche. Anni fa avevo letto recensioni terrificanti dei loro concerti: probabilmente i ragazzi palesavano dei limiti corretti del corso degli anni, ma sicuramente c’era molto pregiudizio (sparlare di una band figlia dell’hype capitanata da un ex calciatore trentenne era un’occasione troppo ghiotta).
Cinque anni dopo il loro sopravvalutato disco d’esordio, i Glasvegas sono cresciuti. La sbornia del successo è passata, i loro album (complice un suono più maturo) vendono meno ma convincono di più e la band sul palco va ben oltre il minimo sindacale, emozionando non poco. Come già scritto sopra, la prima traccia – la title-track dell’ultimo album, Later… When The Tv Turns To Static – lascia il segno: melodia delicata, di rara bellezza (non a caso scelta come singolo), eloquente esempio della maturazione della band. Peccato che il resto del disco non sia dello stesso livello, ma – con tre album alle spalle e un EP – i Glasvegas riescono a mettere su una setlist di tutto rispetto, dove trovano spazio anche i brani del loro migliore lavoro in studio, il coraggioso “Euphoric /// Heartbreak \\\”. Canzoni come Euphoria, Take My Hand o Dream Dream Dreaming sono davvero un gran bel sentire, seppur spogliate della loro componente elettronica: la cosa era comunque necessaria, perché per tutto il concerto gli scozzesi danno vita ad un muro sonoro imponente, dove le chitarre sono indiscutibili padrone.
E’ però tutta la band a funzionare: la batterista Jonna Lofgren ha una presenza scenica notevole (suona in piedi, in modo quasi ipnotico per lo spettatore) mentre James Allan (a tratti la sua somiglianza fisica con Joe Strummer è inquietante) canta in modo perfetto e il suo particolare timbro di voce fa il resto. Ovviamente non mancano le canzoni del primo, fortunatissimo omonimo album: It’s My Own Cheating Heart That Makes Me Cry ha un riff di chitarra impossibile da dimenticare, Daddy’s Gone è un inno per tutti i presenti. Go Square Go invece suscita tra i presenti un entusiasmo per me incomprensibile, ma il bilancio del live rimane assolutamente positivo. Sono già passati cinque anni da quella popolarità immediata, eccessiva ed ubriacante: tante altre band si sarebbero sciolte, invece i Glasvegas portano avanti una dignitosissima carriera. Bravi.
SETLIST: Later…When the TV Turns to Static – Youngblood – It’s My Own Cheating Heart That Makes Me Cry – Euphoria, Take My Hand – I Feel Wrong (Homosexuality Pt. 1) – If – Secret Truth – The World Is Yours – Dream Dream Dreaming – Lonesome Swan – Geraldine – Ice Cream Van – Go Square Go —encore— Flowers & Football Tops – I’d Rather Be Dead (Than Be With You) – Daddy’s Gone – Lots Sometimes