Avevo lasciato Paul Banks in una fredda giornata del 2013, in un live di supporto al suo album solista nel minuscolo Tunnel. Due anni dopo lo ritrovo sempre a Milano in una serata ancor più gelida, con la sua creatura d’eccellenza – gli Interpol – dentro il ben più capiente Fabrique, nuovo locale in zona Mecenate che merita un doveroso cenno a parte: in un momento di crisi come questo, l’apertura di uno spazio per concerti di tali dimensioni è sempre un evento, a maggior ragione se con i suoi 2950 posti diventa la location milanese più capiente dopo il Mediolanum Forum d’Assago. L’acustica interna è eccezionale, molto buona la visuale (una serie di gradoni rialzati dietro il parterre creano un piacevole effetto anfiteatro), eccetto qualche colonna di sostegno a centro sala. L’unica grande pecca è rappresentata dalla mancanza della metropolitana (il tram non basta), anche se il Fabrique risulta comodissimo per chi arriva in auto, visti gli ampi parcheggi e la tangenziale a pochi metri. Se tutto ciò significa qualche possibilità in più per vedere suonare artisti di livello a Milano, ben venga.
Tornando al concerto di stasera, arrivo giusto in tempo per assistere all’esibizione degli Health, interessantissima band californiana in costante bilico tra synth rock e noise, che in setlist propone almeno una manciata di ottime canzoni (Goth Star su tutte). Promossi a pieni voti.
Alle 21.50 in punto gli Interpol iniziano a suonare: i sintetizzatori vengono messi da parte, si passa da Los Angeles a New York e – con tutto il rispetto possibile per gli Health – l’asticella della qualità s’innalza in modo vertiginoso. Avevo già visto all’opera la nuova line up in Slovenia quattro anni fa, con Brad Truax al basso al posto di Carlos Dengler: i ritmi meno new wave e più punkeggianti imposti dal nuovo bassista fanno parecchio bene al live, basato principalmente sulle canzoni dell’ultimo album, l’ottimo “El Pintor”. Se negli ultimi album dei newyorchesi al di là di qualche spunto eccellente il livello medio era quel che era, con “El Pintor” il discorso si è totalmente capovolto: nessun capolavoro ma tanti, tantissimi brani di ottima fattura, che danno respiro e sostanza al concerto. E’ il caso di My Desire (straordinaria la parte strumentale), Everything Is Wrong, My Blue Supreme ed ovviamente la surfeggiante All The Rage Back Home, che – nonostante qualche piccola stonatura di Banks – emoziona e non poco, mandando in estasi i 2950 presenti (il concerto era sold out da tempo).
Per i capolavori basta attingere dalla discografia passata: Lights è un brano semplicemente epico, la cui impostazione si presta benissimo ad una serata di questo tipo, ed il risultato è da 10 e lode. Appena una spanna sotto troviamo NYC ed Evil, canzoni che – seppur partendo da due concezioni stilistiche ben differenti – trafiggono irrimediabilmente il cuore di chi le ascolta. Non bisogna stupirsi se si parla più dei singoli brani che del concerto in quanto tale: le divagazioni live degli Interpol rispetto alle versioni su disco sono praticamente nulle, ma a noi va benissimo così. Il 2015 è appena cominciato, ma forse ho già assistito ad uno dei migliori concerti dell’anno.
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SETLIST: Say Hello To The Angels – My Blue Supreme – Anywhere – Evil – The New – My Desire – Rest My Chemistry – Everything Is Wrong – Lights – Breaker 1 – The Lighthouse – Take You On A Cruise – Not Even Jail – Slow Hands —encore 1— All The Rage Back Home – NYC – Stella Was A Diver And She Was Always Down —encore 2— Untitled