La collaborazione tra Jacopo Incani, in arte Iosonouncane, e Paolo Angeli nasce col fortunatissimo “DIE”, album ormai prossimo ai tre anni di età che ha proiettato il cantautore di stanza a Bologna nel gotha dei grandi nomi contemporanei. A ragione, quell’opera marca non soltanto uno step-up dal precedente “La Macarena su Roma”, già notevolissimo, ma ribadisce una voce unica e ostica nel panorama cosiddetto indipendente italiano, saturo di (per citare il Maestro) parassiti senza dignità. Dal canto suo, Angeli, musicista di fama internazionale, demiurgo e pilota del suo splendido strumento – la chitarra sarda preparata – non è nuovo a progetti in duo ma è nuovo, certamente, alla conoscenza di un pubblico meno addentro al circuito della world music, che di fatti lo osserva con curiosità ed ammirazione quasi divinatorie.
L’Auditorium Parco della Musica di Roma, seconda tappa di un tour brevissimo per questa strana e fruttuosissima coppia, è sold out ormai da qualche giorno. Alle 21:00 in punto, fa il suo ingresso sul palco Tobia Poltronieri (semplicemente Tobjah), già membro dei C+C Maxigross. Pochi brani per presentare il suo progetto solista, l’album “Casa, finalmente” – songwriting quasi canterburyano con una voce simile a quella di Fabio Concato. Niente di nuovo all’orizzonte (specie dopo l’ottimo exploit di Andrea Laszlo De Simone), ma da questa fugace uscita nemmeno nulla di disprezzabile.
Il pubblico, in larga parte ancora alla ricerca della propria poltrona (la proverbiale puntualità che si deve ai club e certo non alle sale da concerto) distrae un tantino chi è già seduto e vorrebbe ascoltare in santa pace, ma grazie al cielo il via vai finisce quando è il momento del piatto forte. Incani e Angeli sono due musicisti di razza, che sanno dove vogliono andare assieme e come sfruttare le forze l’uno dell’altro. Si sente, si percepisce che c’è un rapporto non soltanto creativo, ma pur emotivo, personale; un rapporto ottimo e solido. La prima parte dell’esibizione è la più intensa, probabilmente la migliore: Summer on a spiaggia affollata e Torino pausa pranzo sposano le corde della tradizione sarda rivisitata, in un magnifico climax che rende omaggio anche a Fabrizio De Andrè, cuore isolano d’adozione (“Amico Fragile”).
Tanca, Carne e Giugno sono gli altri brani proposti da Iosonouncane, in un amalgama continuo volto a creare un flusso sonoro definito, con pochi precedenti. L’operazione, in sé, è di un’innegabile nobiltà: la mano tesa verso l’ibridazione elettronica di un cantautorato di matrice rock da un lato; verso la storia della musica popolare rielaborata e introdotta nel terzo millennio – dall’altro. I Nostri giocano in un campionato destinato a poche élite italiane; e questo: è un dato di fatto. Tuttavia, l’improvvisazione godereccia alla quale il duo si abbandona con lunghe code e sfinenti intermezzi sa ogni tanto di stantio, se parliamo di una Serie A a livello globale. Se proprio c’è da fare un rimprovero, ci si può quasi unicamente limitare a questo.
Nella speranza (ma non c’è bisogno di sperare) che queste due belle anime non interrompano un discorso ancora agli albori, i prossimi appuntamenti a Salerno, Lucca e Cagliari sono da non perdere. Astenersi fan accaniti a supporto dell’uno o dell’altro. Qui le cose si fanno insieme. E si fanno per bene.