Nel 2007, un anno prima della risalita al potere di Silvio Berlusconi, i Kaiser Chiefs pubblicavano un singolo intitolato “Ruby”. In questo Novembre 2011, quando – governi tecnici a parte – si riaffaccia lo spettro della DC in Italia (e Cirino Pomicino guida i ribaltoni in parlamento), la band di Leeds ritorna in Italia per il tour di supporto ad un album dal nome “The Future Is Medieval”. Non so voi, ma io farei una soffiata a Bruno Vespa… d’altronde Ricky Wilson seduto tra Gasparri ed Enrico Letta darebbe un senso a quel polpettone andato a male che è Porta a Porta. Al di là di queste considerazioni politiche, non mi pento certo di avere ridato fiducia ai Kaiser Chiefs, protagonisti di un concerto eccellente. Il fatto che dall’Alcatraz (sede del loro ultimo live milanese) si sia passati ad una location come i Magazzini Generali la dice lunga sulla piena involuzione in termini di popolarità della band britannica, già iniziata da qualche anno. Il club di Via Pietrasanta (comunque gremito) ha infatti una capienza nettamente inferiore e si conferma più adatto per dj set che per concerti rock. Io stesso, dall’alto del mio metro e ottantasei, non riesco a vedere perfettamente le sagome dei musicisti: qualche accorgimento (un palco un po’ più alto?) sarebbe magari opportuno nel rispetto di chi paga il biglietto. Aprono la serata i californiani Transfer (che non riesco a sentire, le ore 20 sono troppo presto anche per me) e gli ottimi Tribes, neonata band londinese che mi ha lasciato un’ottima impressione: rock eterogeneo e convincente, spero se ne senta parlare anche in futuro. I Kaiser Chiefs salgono sul palco alle 21.40 e già dai primi brani (Everyday I Love You Less And Less, Never Miss A Beat, Little Shocks) si intuisce la formula vincente della serata: poche canzoni dell’ultimo deludente album (giusto quelle realmente meritevoli di entrare in setlist) e dentro la quasi totalità delle hit del passato. D’altronde, in tutti gli album della band inglese sono presenti una manciata di singoli che hanno fatto la fortuna delle radio britanniche. Con quattro album alle spalle il gioco è dunque fatto, visto che è facile per i Kaiser Chiefs mettere su un’ottima scaletta con dentro pochissimi riempitivi. Un Ricky Wilson appesantito tiene come sempre la scena in modo splendido, aizzando il pubblico a dovere, anche se sarebbe comunque impossibile rimanere fermi. La musica dei Kaiser Chiefs è infatti da sempre altamente ballabile: non è un caso che a comporre le canzoni sia il batterista Nick Hodgson – vera anima della band – che in Man On Mars dimostra anche di avere una bellissima voce e di saperla usare come si deve. La serata scorre veloce, con i Kaiser che snocciolano una hit dopo l’altra: due canzoni mi rimangono comunque particolarmente impresse: The Angry Mob rimane la migliore composizione della band inglese, con il suo trascinante finale – degno dei migliori inni da stadio – incarna alla perfezione lo spirito del revival britpop degli anni duemila, che ha visto protagonisti di primo piano proprio i Kaiser Chiefs. Starts With Nothing, invece, oltre ad essere uno dei pochi brani convincenti dell’ultimo lavoro, rappresenta una piacevole ventata di freschezza nella musica degli inglesi ed un segnale incoraggiante per il futuro. Dovessero invece continuare a sfornare album deludenti, poco male: i Kaiser Chiefs continueranno ad incantare dal vivo, con concerti che – alla faccia dei critici – si potranno definire in un unico modo: divertenti. E saper divertire è sempre importante, soprattutto in un mondo medievale.
SETLIST: Howlaround (Intro) – Everyday I Love You Less And Less – Never Miss A Beat – Little Shocks – Everything Is Average Nowadays – Put Me On The Cover Of Your Magazine – Modern Way – Man On Mars – Good Days Bad Days – Ruby – The Angry Mob – Na Na Na Na Naa – Starts With Nothing – I Predict A Riot – Kinda Girl You Are – Take My Temperature —encore— Love’s Not A Competition (But I’m Winning) – Oh My God
A cura di Karol Firrincieli