Con la scomparsa dell’Heineken Jammin’ Festival e l’annullamento dell’A Perfect Day, l’Italia sparisce ufficialmente dalla mappa dei festival europei (eccezion fatta per Ypsigrock, che rimarrà per sempre uno splendido evento indipendente di medio-piccole dimensioni). Sarà stato dunque un bel grattacapo per il management degli Stereophonics organizzare delle date in Italia, visto che questo tour estivo dei gallesi è tarato appositamente per i festival rock. Saggia idea allora quella di unirsi ai Killers nelle tappe di Roma e Milano, ospitate entrambe da un ippodromo. Quello di Milano, che tra Giugno e Luglio ospiterà parecchi live (ma per favore non chiamiamolo festival) si conferma un’ottima struttura per i concerti, ben servita dai mezzi pubblici. Purtroppo qualcuno pensa genialmente di tenere chiuse le tribune (ma che le hanno montate a fare?) per via della scarsa affluenza di pubblico, vera nota dolente della serata. Peccato, perché la scelta coraggiosa degli organizzatori di offrire un doppio concerto al prezzo di uno avrebbe meritato una risposta migliore.
Per una strana coincidenza era la terza volta che vedevo entrambe le band: se per i Killers si tratta del peggiore concerto dei tre, posso fortunatamente dire l’esatto opposto per gli Stereophonics. I gallesi iniziano a suonare alle 20.25 e danno vita ad un live breve ma semplicemente meraviglioso. Difficile trovare in giro una band così affiatata sul palco, difficile trovare un cantante così bravo sia su disco che dal vivo (il povero Brandon Flowers a confronto fa una figuraccia). Una setlist coraggiosa (tante le hit escluse) dà ampio spazio all’ultimo lavoro in studio – l’ottimo “Graffiti On The Train” – passato inosservato in Italia (sai che novità).
Tanta qualità e varietà proveniente da questo album: doveroso iniziare dalla title-track, commovente ballata che entra di diritto tra le migliori canzoni pubblicate in questo 2013. C’è però spazio anche per l’allegra e scanzonata Indian Summer, l’intimissima Violins And Tambourines, la blueseggiante Been Caught Cheating e l’efficacia rock di Roll The Dice e We Share The Same Sun. Questa lunga e variegata lista di canzoni è la prova di come Kelly Jones rimanga un compositore sempre ispirato e persino poliedrico, a differenza di tante vecchie glorie britanniche giunte ormai al capolinea. C’è spazio anche per le celeberrime Maybe Tomorrow e Have A Nice Day, acclamate da ogni singolo spettatore (ogni tanto la pubblicità in TV serve a qualcosa) e Dakota, che ormai conclude ogni loro live.
Giusto il tempo di andare in bagno e dopo appena 20 minuti salgono sul palco i Killers, per i quali va fatto un discorso a parte. La band di Las Vegas sembrava – fino a cinque anni fa – avviata a ben altra carriera, grazie ad un fulminante esordio (“Hot Fuss”) e ad una matura conferma (“Sam’s Town”). Poi accade l’inspiegabile: due dischi orribili, nei quali al pop raffinato dei primi due lavori in studio se ne sostituisce un altro, terribilmente pacchiano e commerciale. Se avrà voglia, un giorno Brandon Flowers ci spiegherà il perché di questa scelta suicida, visto che la storia della crisi creativa regge fino ad un certo punto. Fatto sta che il live (da sempre punto debole degli americani) è figlio di questa bizzarra e malriuscita mescolanza. Da un lato canzoni sempre belle ed emozionanti come Mr. Brightside (che ha fatto la fortuna delle discoteche di mezzo mondo), When You Were Young, Jenny Was A Friend Of Mine, Read My Mind. Dall’altro pezzi sdolcinati e lagnosi come Human (canzone con la quale Flowers e soci hanno iniziato a scavarsi la fossa, regalandosi un successo tanto grande quanto effimero), Miss Atomic Bomb, A Dustland Fairytale.
A voler esser buoni ammetto che Runaways – pur essendo lontana dalla brillantezza degli esordi – è una canzone che dal vivo ha la sua innegabile forza trascinante.Troppo poco. E la cosa dispiace pure, perché i ragazzi sul palco si danno un gran da fare: Flowers cerca di stonare il meno possibile, Vannucci Jr. alla batteria se la cava più che bene ed i giochi pirotecnici che accompagnano lo show sono davvero belli. Il prossimo album ci dirà se sapranno recuperare, ma non c’è da essere troppo ottimisti. Peccato.
SETLIST STEREOPHONICS: Catacomb – Local Boy In The Photograph – Superman – Graffiti On The Train – Indian Summer – Have A Nice Day – We Share The Same Sun – Could You Be The One? – Roll The Dice – Violins And Tambourines – Been Caught Cheating – Maybe Tomorrow – Dakota
SETLIST KILLERS: Mr. Brightside – Spaceman – The Way It Was – Smile Like You Mean It – Bling (Confession Of A King) – Shadowplay (Joy Division cover) – Miss Atomic Bomb – Human – Somebody Told Me – Here With Me – For Reasons Unknown – From Here On Out – A Dustland Fairytale – Volare (Dean Martin cover) – Read My Mind – Runaways – All These Things That I’ve Done —encore— Jenny Was A Friend Of Mine – When You Were Young