Immaginate un forte odore di incenso alla corte del Castello Estense. Non inizierà alcun racconto medievale narrante scambi di spezie tra mercanti e non c’è parvenza alcuna di cerimonie religiose. È solo il rituale prodromico all’uscita dei Kula Shaker sul palco del Teatro Comunale di Ferrara. Sin da subito, la percezione che si ha della band inglese non è per nulla decontestualizzata. L’odore di incenso si condensa dentro il teatro mentre scorrono i ritmi tribali ormai trentennali di Hey Dude e Sound Of Drums, alternandosi alle venature disincantate di Waves, singolo che precede il nuovo album in uscita nel 2024.
Crispian Mills, Jay Darlington, Alonza Bevan e Paul Winterhart sono in una forma splendida anche se Mills si scusa più volte per il calo di voce che li ha costretti, di recente, a posticipare alcune date del tour americano. Nonostante le difficoltà vocali, il live è godibile ed estremamente trascinante. La potenza di Whatever It Is (I’m Against It) e Grateful When You’re Dead / Jerry Was There cede il passo a percussioni sottili e le tonalità scintillanti di Shower Your Love. Tutto si mischia nel mondo dei Kula Shaker, il misticismo di Infinite Sun si alterna all’immortalità di Tattva, intramezzata da Halleluja degli Happy Monday’s per poi, alla fine, schiantarsi sull’impetuosità di Hush.
L’encore scandisce un’ultima manciata di minuti la cui regina indiscussa è Govinda. I Kula Shaker hanno dimostrato di poter continuare a far crescere un pubblico senza rimanere incastrati dentro uno specifico segmento della loro carriera. E comunque, parliamoci chiaro: una band che riesce e a infuocare le platee cantando in sanscrito è destinata a non morire mai.