Robert Del Naja l’aveva detto chiaro e tondo: inutile assistere a questo tour aspettandosi un greatest hits, cercando “Safe From Harm”, “Unfinished Symphony” o “Karmacoma”. Questo non sarebbe stato un tour che avrebbe guardato al passato. O meglio, in fin dei conti guarda al passato perché celebra il ventennale di “Mezzanine”, quel capolavoro dato alle stampe nel 1998, ma lo celebra rivoltando il calzino del presente, della stretta attualità di un mondo alla deriva dal punto di vista politico, economico e soprattutto sociale.
I Massive Attack di fine millennio erano bui, incazzati neri per un Pianeta affetto da un enorme e apparentemente incurabile bug, dal controllo delle masse, dall’intorpidimento delle coscienze, da una situazione globale che difficilmente avrebbe potuto andare peggio. Il peggio invece è tristemente arrivato e così, a distanza di vent’anni, “Mezzanine” è ancora un lavoro attualissimo che svela con forza la sua natura quasi profetica. “Mezzanine” fu il disco della svolta “rock” dei Massive Attack, delle chitarre e dei campionamenti presi in prestito dal dark e dalla new wave, così nelle setlist del tour fanno capolino The Cure (10:15 Saturday Night), Bauhaus (Bela Lugosi’s Dead) e Ultravox (Rockwrok), a fungere da collante per la tracklist di un album riproposto per intero ma riorganizzato.
Angel, con un Horace Andy in forma smagliante a dispetto dei suoi quasi sessantotto anni, arriva così quasi in chiusura, mentre Man Next Door sta all’inizio, così come Black Milk e Mezzanine. Ecco, Black Milk: la traccia numero otto dell’album riporta per la prima volta dopo chissà quanto tempo, su un palco italiano, Elizabeth Fraser. Lei è l’ospite d’eccezione di questo tour, lei è la voce di Teardrop e Group Four che chiudono questi live dei Massive Attack e che hanno segnato indelebilmente la discografia della formazione inglese. Fraser è una meravigliosa ed eterea presenza senza tempo, che sarebbe valsa da sola il prezzo del biglietto a prescindere dal fatto che il protagonista della serata era un masterpiece parimenti senza tempo.
I visual che accompagnano le esecuzioni dei pezzi trasmettono immagini di guerra, un Donald Trump preso particolarmente di mira, il suo contraltare Vladimir Putin, Britney Spears, Lady Diana, Il Mago di Oz e la consueta sequenza di messaggi, in lingua locale, che sono pugni nello stomaco. L’impatto è glaciale, così come lo era stato e lo è ancora quello dell’intero “Mezzanine”, 3D e Daddy G non spiccicano una sola parola e scompaiono così com’erano apparsi, nella speranza che tra altri vent’anni non debbano nuovamente rifarsi vivi per risputarci addosso le cicatrici di un contesto ulteriormente deteriorato.
SETLIST: I Found A Reason (Velvet Underground cover) – Risingson – 10:15 Saturday Night (The Cure cover) – Man Next Door – Black Milk – Mezzanine – Bela Lugosi’s Dead (Bauhaus cover) – Exchange – See a Man’s Face (Horace Andy cover) – Dissolved Girl – Where Have All the Flowers Gone (Pete Seeger cover) – Inertia Creeps – Rockwrok (Ultravox cover) – Angel – Teardrop – Group Four