Per un motivo o per un altro, con Buzz non c’era mai stato modo d’incontrarsi, nonostante una presenza assidua dei Melvins nel nostro Paese nel corso degli anni. Questa volta al Bloom non potevamo assolutamente mancare, a suggellare un amore nato nel millennio scorso e non scalfito ancora oggi. A dirla tutta, noi c’abbiamo anche provato a rinforzare ulteriormente quest’amore, scoprendolo nostro malgrado non corrisposto: prima del concerto blocchiamo Buzz fuori dal tourbus della band, chiedendo adolescenzialmente una foto ricordo. Lui, orso per come lo si conosce, ci dribbla liquidandoci con un “I’ll be back” che – neanche a dirlo – non s’avvererà mai. Poco male, in fondo siamo arrivati fino a Mezzago per sentirlo suonare, mica per fare i pischelli coi nostri smartphone (no eh…).
Il Bloom non è del tutto pieno quando, alle 22.30 bollate, salgono sul palco i Big Business, grandi amici di Osborne e sezione ritmica dei Melvins quando questi si presentano in formazione “allargata” (cosa che non avverrà questa sera). Il sound di Jared Warren & Co. è quanto di più appropriato per fare da apripista ai protagonisti della serata, la potenza a tratti sludge a tratti stoner della formazione di base a Seattle si sposa alla perfezione col mood della serata e con le voglie cannibali di quanti sono accorsi. Una manciata di tracce per loro (ne contiamo sette o otto), per circa 40 minuti di un set davvero tiratissimo.
Alle 23.35 tocca a loro. Come si diceva, per questa data al Bloom i Melvins si presentano nella loro recente incarnazione Lite, ovvero: Buzz Osborne alla voce e chitarra, Dale Crover alla batteria e Trevor Dunn al (contrab)basso. La setlist della serata va a pescare un po’ in tutto il vastissimo repertorio della band: c’è National Hamster dall’ep “The Bulls And The Bees”, ci sono i classiconi da “Houdini” Hooch e Set Me Straight (con in coda Sky Pup), c’è la mastodontica Shevil da “Stoner Witch”, ma anche tanta roba da quel “Freak Puke” che lo scorso anno inaugurò la versione Lite dei Melvins: vedi Worm Farm Waltz, l’incredibile Mr. Rip Off durante la quale Dunn sembra divertirsi parecchio, Inner Ear Rupture o la cover dei Wings Let Me Roll It. In pratica l’album del 2012 viene eseguito quasi per intero.
King Buzzo è una visione a tratti spettrale sul palco, con la camiciona nera d’ordinanza e un ventilatore piazzatogli alle spalle che smuove la sua iconica chioma. Solo una volta nel corso della serata, subito dopo l’esecuzione di “Hooch”, proferirà parola nei confronti del pubblico, presentando la band e “Freak Puke”. Non è uno che si perde in convenevoli. Dale Crover picchia sulle pelli come un forsennato (e si galvanizzerà ancor di più quando lo accompagnerà Coady Willis all’altra batteria), mentre Trevor Dunn è un istrione in tutti i sensi: si accanisce sul contrabbasso, fa la seconda voce, ammicca al pubblico e scherza con Buzz. Tanti anni in compagnia di Mike Patton nei Mr. Bungle non potevano che sortire quest’effetto.
Quando il concerto finisce le orecchie fischiano un bel po’, di Buzz Osborne non si vede neanche l’ingombrante ombra e quindi abbandoniamo le lande di Mezzago, senza foto ma con un vuoto finalmente colmato, con una band che ha dimostrato ancora una volta il suo essere senza tempo. Di questo passo la loro già smisurata discografia – e il relativo calendario live – assumerà proporzioni bibliche.